Ogni anno si ci troviamo di fronte a delle grosse novità tecnologiche, alcune sono davvero rivoluzionarie altre le spacciano come tali.
Ma c’è un fatto da tenere in considerazione ovvero che la grossa novità non sta quasi mai in una sola tecnologia o solo in un dispositivo ma sta in un atteggiamento legato a un insieme di tecnologie:
se per capirci Facebook fosse un social senza nessuno che ci scrive dentro, non sarebbe un social.
Facebook ha cambiato le nostre vite perchè ha cambiato il nostro modo di pensare e di comunicare e di vedere il mondo: non sono state le tecnologie ajax a cambiare il mondo, per dire, ma sono stati gli usi che se ne sono fatti.
Non è stato il cloud a cambiare il mondo, ma l’uso che ne è stato fatto.
Molti dicono che il 2014 sarà l’anno delle tecnologie indossabili.
Io sono d’accordo, anche se non credo sarà l’anno in cui matureranno queste tecnologie ma l’anno in cui inizieranno a prendere una “identità” definita.
Perché indossare la tecnologia? Perché è arrivata a essere miniaturizzata a tal punto da poter essere indossata e, soprattutto, perchè grazie agli smartphone possiamo sincronizzare, gestire e modificare qualcuna e cosa si possa connettere agli smartphone stessi.
Ogni tipo di device che possa essere indossato, in particolare smartwatch come il Galaxy Gear ovvero un orologio che si connette al nostro cellulare Samsung Android per diventare non solo un suo prolungamento ma un suo potenziamento, devono essere in qualche modo connessi ai telefoni.
Torniamo li:
non è una tecnologia a cambiare le cose ma un insieme di tecnologie e di “atteggiamenti”.
Io sono stato uno dei primo fortunati in Italia a provare i Google Glass, e sono anche stato uno dei primi fortunati in Italia ad avere il Garmin Vivofit, un orologio molto interessante da diversi punti di vista.
I Google Glass sono una figata e non vi ammorbo oltre con questa cosa, ma hanno appunto la particolarità di dover essere collegati in wireless a uno smartphone Android per essere al loro massimo mentre il Garmin funziona lo stesso ma da il meglio di se con un telefono attaccato.
A cosa serve un orologio di questo tipo: sostanzialmente fa due cose, cioè conta i vostri passi e dice quante calorie consumate, calcolo piuttosto dozzinale perchè se mi asciugo i capelli per lui sto camminando, così come se sto sbattendo la maionese, ma fa anche una cosa davvero molto interessante: analizza la nostra qualità del sonno.
In base ad una rilevazione dei nostri movimenti durante la notte, è in grado di generare un grafico che mostra quando e quanto ci siamo agitati durante il sonno.
Per esempio, io ho sempre pensato che con la peperonata si dorma benissimo, invece oltre a farmi svegliare sudato come un maratoneta, fa anche dormire male da morire. Dormire agitato.
Ma anche i clienti che non pagano o pagano in ritardo fanno dormire male, ma questo lo sapevo da solo.
Morale, questi aggeggi ci permettono di tenere monitorate cose che altrimenti sfuggirebbero del tutto alla nostra comprensione e al nostro monitoraggio, e
se oggi sono tecnologicamente “acerbi” domani arriveranno sicuramente a essere dei nostri straordinari compagni di giornata e di vita.
Se il mio orologio fosse in grado di monitorare, anche in maniera approssimativa, il mio stato di salute, al mio orologio vorrei molto più bene.
Se fosse in grado di svegliarmi nel momento giusto, in un periodo temporale decretato da me, sarebbe molto comodo, così come se leggesse le mie pulsazioni, l’acidità del mio sudore o se fosse anche in grado di notificarmi quando ricevo delle telefonate senza sentire il telefono.
Le tecnologie da indossare quest’anno fanno il loro ingresso nelle nostre vite e nei prossimi 5 anni
la sinergia tra il Wearable e gli smartphone faranno si che il nostro telefono “diventi noi”
grazie alle nostre tracce biometriche.
Non passerà molto… date a questo mondo altri 5 anni e vedrete.