In un liceo di Firenze si sta sperimentando una classe senza voti, in pratica così: i prof cercano di aiutare lo studente, un passettino dopo l’altro, per spiegargli come stanno le cose. Aprono gli occhi su quello che va e quello che è meglio lasciar perdere, su dove darci dentro con lo studio per centrare il bersaglio. Come quando cerchi di fare centro con una freccetta: loro ti regolano la mira ma il lancio spetta a te.
Le attività sono basate sul lavoro cooperativo e i banchi sono disposti a isole per favorire il lavoro di gruppo e spezzare la frontalità della lezione.
Non ci sono pagelle di trimestre o quadrimestre, dopo un’interrogazione o una verifica i docenti danno un giudizio descrittivo e i voti compaiono solo a fine anno.
Alcuni ragazzi la vivono bene, con meno stress, altri dicono che il voto serve loro per capire “in quale direzione stanno andando” ma il senso della sperimentazione sta proprio in questo, nel capire cosa succede.
Personalmente sono contrario al concetto del “si deve fare così perché si è sempre fatto così”. Dobbiamo guardare al passato con rispetto per migliorarci, non per ripeterci, tuttavia è importante capire una cosa: il vivere senza stress un anno scolastico senza voti per poi averli alla fine del suddetto anno equivale a rimandare lo stress e lo stress fa parte della vita come le prove e come il confronto e come i giudizi, che ci piaccia o meno. Questa cosa si chiama VITA.
Una società moderna si regge sul fatto che le competenze esistono, si sa dove sono collocate e possono essere “quantificate”. Si chiama MERITO.
Mi piace una scuola dove s’impara divertendosi in gruppo, a patto che, alla fine, si sappia chi ha capito cosa. Altrimenti il rischio è quello di creare un futuro di persone ineducate a confrontarsi con gli altri, con il mondo e soprattutto con sé stesse.