La scorsa settimana mi sono trovato a riflettere e a discutere con l’amico Daniel Cerami sul caso di Beatrice, la quale ha scritto un post intitolato “Non chiedo una Smart, ma solo il tuo aiuto…“.
Visto la citazione anche da parte di Andrea Girardi mi sono detto che forse ci voleva una riflessione in più, su questo caso. Di cosa si tratta?
Racconta Beatrice, prendendo le parti principali del suo post:
Si dice che i social siano forti.
È vero.
Si dice che i social possano fare del bene.
È vero.
Proprio per questo ho coinvolto i miei profili social in un progetto che mi sta molto a cuore e che tocca da vicino la mia esperienza come malata di cancro. Io non mollo facilmente, lo avrete notato. Mi sono ammalata? Sì, ma non per questo la vita finisce qui. Ho bisogno di sentirmi viva (…)
A questo punto Beatrice, che ammiro moltissimo per la sua forza d’animo, parla del suo pregevole progetto in tre step, progetto che certamente è più “utile” in senso oggettivo e morale rispetto a #UnaMacchinaPerRudy per esempio.
Ma parlando con Daniele ci siamo chiesti come mai non funziona “bene” allo stesso modo?
Senza stare a fare delle inutili e verbose disamine che non servono a nessuno e senza essere ipocriti, i motivi per i quali una cosa di questo tipo funziona meno della storia della Smart, sono sostanzialmente due.
1- Chi si è ammalato
Se ad avere questa tremenda sfortuna, che spero di alleviare in quale modo anche con questo post portando alla luce il progetto, fosse stato qualcuno con un seguito immenso, il progetto stesso avrebbe avuto un seguito immenso.
Come a dire, i numeri contano, anche in queste cose. Brutto, triste, brutale, meschino ma vero.
2- Questo progetto NON divide
Le cose che funzionano in modo virale sui social sono tendenzialmente cose “che dividono le persone”, che spaccano gli animi e i cervelli di chi guarda in pro e contro. Sono quelle cose che hanno in loro il seme della provocazione e che fanno prendere forti posizioni. Dopo di che, gioco forza, è tutto in discesa: uno prende posizione, parla della cosa, chi la vede opposta risponde convinto della ragione a alla via così.
La storia di Beatrice non divide perchè è semplicemente e puramente giusta. Nessuno si sentirebbe di dire che è una cazzata o inutile o ipocrita. Nessuno si permetterebbe nemmeno di pensare che è una sporca operazione commerciale o una marchetta.
Nessuno, di fatto, ha motivo di parlarne.
Come ho detto molte volte io non sono un giudice morale ma sono un fortunato osservatore di fenomeni antropologici che si muovono attorno a me. Sono fortunato perchè mi vengono segnalati, li posso studiare e ne posso discutere.
Adesso ci rimane una sola cosa da fare, ovvero condivider lo scritto di Beatrice e aiutarla a credere che si, i social sono davvero forti.