Quando si parla di precariato in televisione, per chi non lo vive in prima persona, lo si percepisce come una cosa brutta si, ma non terrificante quanto in realtà è.
Quello che le aziende spesso chiamano flessibilità è, nei fatti, tradotto in sfruttamento.
Quello che in molti casi le luccicose lobby che si pubblicizzano in TV come etiche e proiettate verso il futuro vogliono fare vedere, è un’immagine opposta di quello che in realtà sono. Sistemi generati e gestiti con un solo scopo: GUADAGNO.

In se non è una cosa tremenda, ma la cosa tremenda è il fatto  che il guadagno diventa speculazione quando viene fatto sulle spalle di altri, e la speculazione rende la gente schiava quando non si hanno più diritti e quando chi deve vegliare… è l’aguzzino.

“Sono l’operatore 172. Ho risposto a un annuncio su Internet spedendo via e-mail il mio curriculum, e dopo il colloquio sono qui, con le cuffie in testa e il microfono che mi sfiora le labbra, a proporre a decine di titolari di partite Iva di lasciare Telecom e passare a Infostrada. (…) Dopo la selezione, ho trascorso giorni in azienda senza aver firmato nessun contratto. Ho visto i 1200 euro lordi assicurati dai selezionatori, al colloquio e nei primi due giorni di formazione, diventare 800 al mese lordi (appena 640 netti), mentre le provvigioni promesse si sono ridotte in ventiquattr’ore della metà. (…) Mi pagano 4 euro netti l’ora. Contratto di collaborazione occasionale per trenta giorni, poi a progetto. Otto ore al giorno – 4 e mezzo il part time – di fronte a un monitor che passa in automatico i dati degli abbonati Telecom da contattare.”
repubblica.it

Una volta c’era la schiavitù ed era tutto più semplice: c’erano le catene e rotte quelle si era liberi.
Oggi non ci sono catene, o almeno oggi non si vedono… e non si possono spezzare.
Questa testimonianza su Repubblica è veramente impressionante: viene voglia di scendere in strada e dare fuoco a tutto.