Nella logica, il paradosso del mentitore descrive come, data una proposizione autonegante come “Questa frase è falsa”, nessuno riuscirà mai a dimostrare se tale affermazione sia vera o falsa:
* se infatti fosse vera, allora la frase non sarebbe veramente falsa (la verità della proposizione invalida la falsità espressa nel contenuto della proposizione).
* se invece la proposizione fosse falsa, allora il contenuto si capovolgerebbe (è come se dicesse “Questa frase è vera”) quando abbiamo appena affermato il contrario.
http://it.wikipedia.org/wiki/Paradosso_del_mentitore
Sono affascinato da tutto questo…
Dal paradosso del mentitore sono derivate elaborazioni diversificate di molti autori attraverso tutti i secoli, ed anche attualmente l’argomento è assai discusso.
Tra le più note riformulazioni del paradosso del mentitore vi sono:
1) quella di Aristotele (Confutazioni sofistiche (XXV)), il quale propose due quesiti di analoga contraddittorietà:
* è possibile giurare di rompere il giuramento che si sta prestando?
* è possibile ordinare di disobbedire all’ordine che si sta impartendo?
2) quella di Diogene Laerzio (II secolo d.C.): un coccodrillo ghermisce un bambino che gioca sulle rive del Nilo; la madre del piccolo implora il coccodrillo di restituirle il figlio, ma il coccodrillo fa la seguente proposta: “Se indovini quello che farò, ti restituirò il bambino”. La madre allora dice al coccodrillo: “Credo che mangerai il piccolo”. Se la madre ha detto il vero, se ha cioè indovinato che il coccodrillo vuole mangiare il bambino, allora in questo caso il coccodrillo ha promesso di restituire il bimbo. Ma se il coccodrillo restituisce il bimbo, significherebbe che non lo ha mangiato, e quindi la donna non avrebbe indovinato e non potrebbe salvare la vita del figlio. RISULTATO: in tutti i casi, se la madre dice “tu lo mangerai”, non potrà mai riavere il figlio e il coccodrillo non potrà mai mantenere la promessa di restituirlo.
3) quella di Giovanni Buridano, o meglio Jean Buridan, filosofo francese morto di peste a Parigi nel 1358 o 1360. Fino a quell’epoca, durante la Scolastica, si era sempre pensato che i problemi logici derivanti dal paradosso del mentitore derivassero dal carattere di autoreferenza. Buridano dimostrò che il problema non era l’autoreferenza, elaborando un paradosso nel quale l’autoriferimento era per così dire spezzato in due. Egli immaginò due protagonisti, Socrate e Platone, ciascuno dei quali pronuncia una sola frase. Socrate dice “Platone dice il falso”; Platone dice “Socrate dice il vero”. Vista isolatamente, ciascuna delle due frasi non è affatto paradossale, ma la loro congiunzione lo diventa. Se Socrate dice effettivamente il vero, allora Platone mente davvero e di conseguenza (contraddicendo alla premessa) Socrate dice il falso. Non è possible che la frase di Socrate sia vera e poi arrivare alla conclusione che è falsa.
4) quella elaborata da Miguel de Cervantes nel Don Chisciotte (1615), dove si narrava di Sancho Panza che divenne governatore di Barataria e si trovò a dover decidere sul caso accaduto ad un militare, messo di guardia su un ponte con l’ordine di impiccare tutti coloro che mentivano circa il motivo per cui volevano oltrepassare il ponte stesso. Il militare raccontava che un giorno era arrivato un tale cui fu chiesto perché voleva passare il ponte. A questa domanda, il tale rispose: “voglio attraversare il ponte solo per essere impiccato in base alla legge”. Se fosse vero che costui voleva farsi impiccare, allora aveva detto la verità e quindi non doveva essere impiccato. Se stesse mentendo, e poi fosse stato impiccato, avrebbe detto la verità e avrebbe dovuto essere lasciato libero.
5) quella di Philip Jourdain, che nel 1913 riformulò il paradosso di Buridano eliminando il riferimento a personaggi celebri, ponendo semplicemente due affermazioni: “la frase seguente è falsa” e “la frase precedente è vera”.
6) quella di John Cage, famoso musicista contemporaneo, che ha scritto un pezzo per pianoforte intitolato Composizione 4’33”, più famoso come Silenzio perché si esegue sedendosi dinanzi al pianoforte senza suonare nulla. Il messaggio dell’artista riguarda l’inesistenza del silenzio, perché anche senza suonare nulla, non c’è il silenzio assoluto ma si sentono dei rumori (gente in sala che parla, tossisce, ecc.). Da un punto di vista logico, il messaggio di Cage è non ho niente da dire e lo sto dicendo: questa è l’ennesima versione del paradosso del mentitore, perché chi non ha niente da dire sta zitto.
Piergiorgio Odifreddi, C’era una volta un paradosso, Einaudi, 2001
Odifreddi è uno dei miei personaggi preferiti: logico, ateo, calcolatore, intelligente, ironico, scientifico e anche un bell’uomo!
Argomentazioni simili, meno profonde ma comunque avvincenti, solevano nascere quando ci trovavamo a cena a Ruina da Roli, di solito dopo qualche “carciofo” o “carabian-castello” ad quél bon…
Ricordi Rudy?
Gillo, amico mio, come potrei dimenticare?
meno raffinati e più bofonchiati, ma gli argomenti erano quelli.. eccome se lo erano!