New York si afferma come la prima città degli Stati Uniti e a livello globale, nell’etichettare le piattaforme digitali come nocive per la “salute psicologica”, in particolare per i più giovani.
Il sindaco Eric Adams ha usato parole pesanti. “Non possiamo stare a guardare e consentire a Big Tech di monetizzare sulla privacy dei nostri figli e mettere a rischio la loro salute mentale. Così come è stato fatto con il tabacco e le pistole, tratteremo i social come un altro pericolo per la salute pubblica e ci assicureremo che le società tecnologiche si assumano la responsabilità dei loro prodotti”.
Credo che il sindaco di New York abbia scansato una parte del problema, visto che, anche da parte nostra, si sono superati molti limiti che avrebbero dovuto essere considerati invalicabili.
Ormai diamo i cellulari ai figli sempre prima perché “lo fanno tutti” e non poniamo alcun limite all’uso per non “violare la loro privacy”. Da qua nascono tutti i problemi.
Il controllo del cellulare del figlio minorenne non è un diritto ma un dovere da parte del genitore e la privacy non c’entra nulla.
A questo si aggiunge il fatto che in moltissimi mollano un telefono in mano ai ragazzi solo per avere più tempo per loro, come una digital baby-sitter. L’origine del problema sta in noi, nell’approccio che abbiamo con i nostri figli e con il cellulare e poi, come conseguenza, vengono ovviamente le piattaforme.
TikTok o YouTube non sono da santificare ovviamente, ma non avrebbe potere sui ragazzi se i ragazzi non avessero il cellulare o avessero dei limiti nell’utilizzo.
Quindi, ammettendo che esista un problema di salute pubblica legato ai social (cosa che credo esista) penso che si comincerebbe a risolverlo nelle case di ognuno di noi, prima di scaricare le responsabilità sui cattivi di turno.
Se siamo noi ad aprire la porta ai ladri, una bella parte di responsabilità ce l’abbiamo proprio noi.