Premessa: questo NON vuole essere un post bacchettone. Io AMO GTA, li ho giocati tutti quanti, continuerò a giocarci e penso che sia oggettivamente (dal mio punto di vista) il game più rivoluzionario che sia mai stato concepito. Si tratta, di fatto, di un mondo in cui si può fare tutto ed interagire con tutto.
Possiamo andare in giro, rubare le macchine, picchiare ed uccidere le persone, fare l’amore, scassinare, mangiare, palestrarsi, comprare vestiti, andare a night, tatuarsi. Insomma, tutto.
Ieri sera ci ho giocato diverse ore insieme a degli amici, tra birra, sigarette e scurrilità tutte maschili, ma devo dire che il realismo e l’interattività mi hanno un pochino shoccato.
Non la violenza in se, quella si vede anche nei film per dire, ma la proattività nelle azioni che la generano.
Sono anni che si parla del fatto che sia assurdo che vengano censurati dei film come Apocalypse Now in prima serata, ma passino file di cadaveri sulle coste di Lampedusa, nei TG. Ma in tutto questo non abbiamo alcuna parte attiva: subiamo delle immagini e le elaboriamo in base alla nostra formazione, educazione e in base al momento.
In GTA le azioni le COMPIAMO. Siamo attivi, proattivi, e tutto quello che accade nel gioco ha una risposta nel gioco stesso: azione e reazione.
Bene, se questa cosa si avvicina in maniera straordinaria alla realtà, azione e reazione, quello che manca totalmente è l’empatia con i nostri interlocutori nel gioco, in quanto fatti di bit.
Se il gioco ricrea la fisica del nostro mondo, le azioni (violente) del nostro mondo e le reazioni (morte e dolore) del nostro mondo, senza generare empatia, non è possibile che la stessa evapori anche nella nostra vita di tutti i giorni?
Pensiamoci: siamo in un mondo in cui giochiamo (quindi distrazione) con qualcosa in cui compiamo delle azioni distruttive totalmente assenti da empatia, comunichiamo per lavoro e svago e per divertimento attraverso Whatsapp, Twitter, Facebook e chi più ne ha più ne metta, senza cogliere stati d’animo, espressioni facciali o linguaggio del corpo del nostro interlocutore.
Non è possibile che la tecnologia tutta, tenda ad appiattire la nostra possibilità di essere empatici rendendoci, almeno in parte, monchi di qualcosa che ci rende umani?
Secondo me, in realtà si.
La tecnologia che racchiude in se stessa tutto quello di cui abbiamo parlato fino adesso, è una potenza straordinaria che deve essere controllata. Ma non solo controllata, anche vagliata dal nostro cervello ed “incrementata” con rapporti che di tecnologico non hanno nulla.
Gli incontri, le strette di mano, il guardare in faccia le persone, l’abbracciarsi ed il parlare di faccia sono ancora cose che hanno un valore immenso, un valore intrinseco che va al di la di quello che ci diciamo. L’importanza sta in quello che ci trasmettiamo.
Se lavorate con Internet e la tecnologia, dovete sempre tenere presente che ad ogni vostra azione corrisponde una reazione, su una persona reale, e che il trovarsi ed il vedersi sono valori che vanno al di la della semplice cordialità.