E’ di questi giorni il caso che sta facendo discutere tutto il mondo, il caso di Google che attraverso un apposito algoritmo riesce non solo a leggere la posta ma a capire cosa c’è dentro. E a differenza dal solito non in ambito commerciale, ma legale.
I fatti:
John Skillern, un 41enne americano del Texas, è stato arrestato per pedopornografia dopo che Google ha informato le autorità che aveva spedito foto esplicite via GMail. E’ stato il software di Google a rilevare tra le immagini inviate, quella di una ragazzina nuda, facendo partire la denuncia. Gli investigatori hanno quindi potuto chiedere un mandato di perquisizione che ha consentito di scoprire un archivio di pornografia infantile nel tablet e nello smartphone di Skillern. (fonte)
Gli scenari che si aprono sono abbastanza sconcertanti, a mio avviso. L’operazione portata avanti da Google è stata molto furba e certamente studiata a tavolino. Nessuno riesce a immaginare un reato più sporco, subdolo, viscido e infame della pedofilia e Google lo sa, ecco perchè sulla pedofilia ha “creato il precedente“.
Le linee di pensiero sono sostanzialmente due, quella di Google
“Ogni immagine di abuso sessuale su minori genera un’impronta digitale unica che aiuta i nostri sistemi a identificarla”, ha detto un portavoce di Google, sottolineando che questa tecnologia è usata “solo per individuare immagini pedopornografiche e non altri contenuti associabili ad attività criminali” (fonte)
e la linea di pensiero delle associazioni per la difesa della privacy
“Google deve chiarire molto esplicitamente ai propri utenti quali procedure e garanzie mette in atto per assicurare loro di non essere erroneamente messi nel mirino”, ha detto Emma Carr, direttrice del Big Brother Watch, alla Bbc
(fonte)
Secondo me esiste una terza via, decisamente più ferma, una via, un modo di pensare che dovrebbe fare parte di ognuno di noi:
la certezza e la consapevolezza che NESSUNO possa vedere-leggere le nostre conversazioni private senza un mandato “legale”.
Il ragionamento di Google è stato semplice: “leggiamo già la posta degli utenti per usi commerciali, per fare arrivare loro della pubblicità mirata e precisa. Se possiamo fare questo possiamo anche leggerla in tanti altri ambiti, la possiamo leggere in TUTTI gli ambiti, ma per sdoganare questa cosa dobbiamo trovare un grimaldello, un fulcro, dobbiamo creare un precedente su qualcosa che ci renda inattaccabili. Quale miglior precedente se non quello dell’arresto di un pedofilo? Nessuno si opporrà mai, tutti odiano i pedofili e tutti saranno dalla nostra parte”.
Così Google sdogana e di fatto rende “normale” leggere la posta agli utenti non da punti di vista commerciali ma legali
sostituendosi di fatto alle cimici della polizia o alle intercettazioni ambientali per le quali la polizia stessa, deve richiedere un mandato.
Ma allora
perchè se la polizia mi vuole ascoltare le telefonate deve avere -giustamente- un mandato, Google può fare quello che vuole con le mie conversazioni private?
Qua non si tratta di avere arrestato un pedofilo (cosa per altro della quale tutti siamo contenti e che ha reso il mondo un posto migliore) ma si tratta di capire dove possono arrivare queste enormi corporation che ormai tengono per le palle noi, gli Stati e i Governi.
Se non siamo in grado di uniformare le nostre leggi alle corporation che cambiano le cose sotto ai nostri occhi, come Google in questo caso, le leggi stesse verranno divorate dalle aziende, in una sorta di finale cyberpunk in cui le multinazionali saranno padrone incontrastate del mondo grazie ad immensi capitali accumulati e al controllo totale e globale di tutto e tutti.
Tratto dal libro “Rischi e opportunità del Web 3.0”
Quello della privacy è uno dei problemi più evidenti legati al Web. Ho detto volutamente evidenti perché sono convinto che sia il termine giusto, molto più di “sentito”. Infatti sentito non è la parola che rende bene cosa si prova nei confronti dei nostri dati ed il loro trattamento.
Quello che pensiamo, in fondo, è questo: io passo i miei dati ad una azienda la quale mi da in cambio una piattaforma. Delle norme e delle regole mi tutelano e il Web diventa sempre più personalizzato e su misura, rendendo le mie ricerche e la mia vita online sempre più agevole.
Non fa una piega.
Dobbiamo però riflettere su di un fatto: i dati che condividiamo sono nostri. Sono nostri e devono rimanere nostri, per non incorrere in problemi domani. I nostri dati sono un patrimonio straordinario, sono la nostra identità, chi siamo, chi siamo stati e chi saremo. Sono la cosa più preziosa che esiste perché sono Noi.
Non dobbiamo pensare “se non ho nulla da nascondere che mi controllino pure” perché questo genererebbe un modo di pensare errato, basato su assiomi distopici che ci traghetterebbe velocemente in un mondo in cui il libero arbitrio verrebbe annichilito dalla paura.
Non dobbiamo avere paura, dobbiamo essere formati ad essere retti non per paura ma per formazione.
Se lasciamo che un’azienda privata possa leggere la nostra posta, fare dei nostri dati carne da macello, smembrare la nostra privacy e fare tutto questo senza indignarci, senza chiedere un “mandato” come accade nella real life o senza essere almeno scossi solo perchè è “toccato a un pedofilo” allora siamo destinati a dare le nostre vite in mano ad altri.
Ripeto:
non dobbiamo pensare “se non ho nulla da nascondere che mi controllino pure” perché questo genererebbe un modo di pensare errato, basato su assiomi distopici
che ci traghetterebbe velocemente in un mondo in cui il libero arbitrio verrebbe annichilito dalla paura.