-Ma… perché non abbiamo qualcuno che ci possa aiutare, che ci dica cosa fare e ci consigli?
-E chi dovrebbe essere, secondo te?
-Mah, un professore, o i genitori o qualcuno, non so.
-Ho capito, tu cerchi un mentore. Non è facile trovarlo e non è detto che nella vita si trovi. I professori hanno molti studenti, non possono essere “mentore di tutti” e i genitori… beh, sono genitori.
Questo è uno stralcio della conversazione che ho avuto con alcuni studenti delle scuole superiori del Veneto, durante un bellissimo evento organizzato dalla Fondazione Marcianum di Venezia, condotto magistralmente da Micaela Faggiani, con me in una delle due foto.
Quello che esce sempre, da tutti gli eventi e gli incontri che faccio con i ragazzi, è che hanno bisogno di guida, di esempi da seguire.
Spesso i genitori, in preda al giovanilismo sfrenato, fingono di essere amici dei propri figli dimenticando di esserne invece i genitori.
Alcuni usano lo smartphone più dei propri figli e vogliono essere amici, fratelli. Le madri si vestono come le figlie, imitano la loro gioventù ma questo non dà un esempio ai ragazzi.
Dall’altra parte la scuola che probabilmente non è pronta a tutti i cambiamenti che arrivano perché, anche lì, i professori sono gli stessi che vogliono fare gli amici.
È come se si fosse diluito il senso di “ruolo”. Secondo Crepet, la pedagogia si scontra con una “deriva del sì”, dove si evita di fronteggiare situazioni sfidanti, rendendo i giovani impreparati ai fallimenti.
Io non so quale sia la strada giusta da percorrere ma quello che so è che il giovanilismo a tutti i costi e il dover essere amici a tutti i costi non significa essere mentori ma significa essere dei grotteschi emulatori.