La gentilissima Monia Taglienti mi ha fatto notare un interessante articolo dal titolo “Perché Facebook e Twitter alimentano l’aggressività? Analisi di una società narcisistica digitale” che devo dire ha attirato moltissimo la mia attenzione.
Nel post si riportano alcuni esempi di thread sgradevolmente aggressivi, per non dire brutali, presi da Facebook. Dei dialoghi portati avanti con parole e concetti che personalmente mi fanno rabbrividire e mi danno imbarazzo solo passandoci l’occhio sopra. E non perchè sono un bacchettone, no no, ma solo per il fatto che NON sono frasi che normalmente si userebbero. Violente, grette, basse. Scorrette.
Quindi il post arriva a un paio di conclusioni decisamente interessanti ed in parte condivisibili, ovvero
Per loro stessa natura le relazioni sociali virtuali, grazie alla mancanza di conoscenza diretta, permettono la caduta libera dei freni inibitori, favorendo spavalderia, spudoratezza, villania. (…) arrogarsi il diritto e il dovere di poter dire qualsiasi cosa, senza curarsi delle conseguenze per sé e per gli altri. (…) Facebook, molto più di Twitter, mina inconsapevolmente l’autostima, perché crea una specie di filtro psicologico attraverso il quale ci si mostra agli altri
L’articolo dice anche che stiamo assistendo ad una continua svalutazione della responsabilità in quanto, essendo di fatto incorporei e digitali, diamo meno peso alle nostre azioni.
Bene, se concordo in pieno sulla prima parte concordo in meno sulla seconda, o meglio penso che la seconda parte, quella della mutazione della responsabilità, possa essere il grimaldello per cambiare le cose.
La responsabilità e la consapevolezza fuse insieme dall’educazione saranno la chiave del cambiamento.
Poche settimane or sono la mia amica Francesca Soriani mi ha esposto il suo progetto da portare avanti nelle scuole. Francesca non è una informatica o una persona che faccia comunicazione di mestiere, è “solo” una madre attenta che vuole per i suoi tre figli un mondo migliore, un mondo in cui la socialità digitale sia adeguata alle persone e non che le persone debbano “involgarirsi” per poter vivere il digitale.
Mi ha semplicemente chiesto di fare delle giornate nelle scuole, ai ragazzini delle medie, per fare capire “come si usano i social”. Non come si fa una campagna Facebook ADS ovviamente, o come funzionano gli algoritmi che gestiscono la visibilità, ma una impronta educativa solida ed importante, per fare crescere i ragazzi responsabili e consapevoli.
Responsabili e consapevoli. Questa è la chiave per cambiare le cose, per migliorare il nostro futuro iniziando da oggi.
Come scritto nel libro “Rischi e opportunità del Web 3.0”
Di fatto nessuno è in grado di sapere che cosa accadrà domani, ma quello di cui dobbiamo essere tutti assolutamente certi, è che il cambiamento epocale è in atto, che noi si scelga di vederlo e di apprezzarlo oppure no.
L’educazione ai social dovrebbe essere materia di studio nelle scuole e non perchè io veda una fonte di profitto (probabilmente farò gratis le lezioni di cui sopra) ma perchè come sono state introdotte l’educazione sessuale e l’educazione stradale per rendere i ragazzi responsabili e consapevoli di quello a cui vanno incontro, è necessario rendere i ragazzi responsabili anche del fatto che quello che scrivono sui social è diretto ad altre persone, non a evanescenti fuochi fatui trovati per caso in rete.