E’ tutta questione di consapevolezza. Solo, sempre ed esclusivamente di consapevolezza.
Se non sappiamo le cose non le possiamo valutare, vagliare e controllare, se non sappiamo quali rischi ci circondano non ci possiamo difendere e se non sappiamo quali opportunità ci girano attorno non possiamo coglierle.
La consapevolezza è semplicemente TUTTO.
La policy di Facebook è una delle cose in assoluto più controversa della quale si possa discutere in ambito Web. perchè? Perché è sostanzialmente scritta da Facebook, quindi scritta per Facebook.
Se anche le altre aziende hanno policy restrittive che tutelano quasi esclusivamente loro e non gli utenti, Facebook ha un gap prodigioso rispetto agli altri grandi gruppi, ovvero ha un miliardo e 400 milioni di utenti che “regalano” informazioni e dati senza soluzione di continuità.
Dati, a pioggia, da tutto il mondo, in loop, da ogni persone che calpesta questa terra e che ha una connessione Internet.
La mole di dati personali mette Facebook in una condizione decisamente particolare rispetto alle altre aziende.
Adesso vi sfido: chi di voi ha mail letto la policy di utilizzo di Facebook? Dai, ditemelo. Ve lo dico io? Nessuno.
Nessuno la legge perchè tutti pensano che non può succedere nulla di male, che ci saranno delle norme a tutela degli utenti a prescindere dalla policy e che in ogni caso accetto tutto pur di usare Facebook.
Ecco, se tutto questo è vero è anche vero che FB è una società privata che verte solo ad una cosa, il profitto, e il profitto viene raggiunto dal social blu attraverso i nostri dati. Badate, non ho detto le identità ma i dati. Un inserzionista non sa con CHI sta parlando ma si rivolge a un target.
I nostri dati sono IL valore. I nostri dati sono NOSTRI perchè siamo NOI.
Presa questa coscienza è divertente sapere che il figlio prediletto di Mark Elliot Zuckerberg ha il diritto di conoscere gli spostamenti di una persona, gli amici con cui esce e avere la possibilità di sfruttare a fini commerciali tutte le immagini postate su Facebook senza il permesso (a parte appunto la policy) di chi le ha prodotte, quelle immagini. (Date un occhio a Vice dove è spiegato bene).
Molto divertente, e questa è una parte della nuova policy che di fatto integra quella già presente e in base alla quale quello che postiamo su Facebook è in usufrutto a Facebook.
Lo sapevate, si? Quello che postate su Facebook è vostro ma in usufrutto COMPLETO a Facebook.
Estratto dal contratto d’uso di Facebook (marzo 2013):
garantisci contestualmente a Facebook una licenza mondiale, irrevocabile, perpetua, non esclusiva, trasferibile a terzi, senza possibilita’ di richiedere compensi (compreso il diritto di sub-licenziare a terzi), di: (a) usare, copiare, pubblicare, trasmettere, archiviare, conservare, mostrare o riprodurre pubblicamente, o mostrare, modificare, editare, creare lavori derivati e distribuire attraverso canali multipli ogni contenuto postato dall’Utente
Cosa cambia quindi con la nuova policy del 2015? Poco e niente a dire il vero. Cioè alcune cose vengono potenziate, più che cambiate.
Abbiamo voci che spiegano, ad esempio, che Facebook si prenderà cura di avvisarci della presenza di amici nelle vicinanze, per rendere la nostra vita meno sola, suppongo.
Oppure il social blu si pone anche di migliorare le performance dei nostri dispositivi mobili (si, ormai FB si usa da smartphone, scordatevi i computer) per allungare la vita della nostra batteria, per migliorare il nostro segnale 3G, 4G e chi più punti G ha più ne metta.
Tutto questo perchè? Per vendere. Solo ed esclusivamente per vendere.
Se FB sa dove siamo sa con chi parliamo, sa chi sono i nostri amici, sa quale telefono abbiamo, sa che tipo di segnale riceviamo, sa la tenuta della nostra batteria, conosce i nostri messaggi privati, legge TUTTO quello che ci appartiene (non dimenticate che Whatsapp è di FB) allora FB può vendere, e qua sta il paradosso, noi stessi a noi stessi.
Il social di Zuckerberg prende i dati di tutti (NON identità ma dati) per rivenderli a tutti. Un modello di business perfetto.
Bene, e quindi cosa facciamo? Niente, non possiamo fare niente. Scrivo nel libro “Rischi e opportunità del Web 3.0“:
Non potete stare su Facebook senza accettarne la policy, non potete avere una privacy privilegiata, non potete impedire a Google di “leggere” la vostra Gmail. Non potete.
Ma potete cambiare il vostro modo di pensare formando in voi l’auto consapevolezza di quello che avviene attorno a voi.
Se iniziate a pensare che i dati sono vostri e che non è giusto che quando pubblicate qualcosa questo qualcosa diventi di Facebook, state formando una coscienza personale la quale, se divulgata, diviene coscienza collettiva.
Il sapere le cose è l’unica strada per cambiarle.
La consapevolezza di quello che si usa e di come lo si usa è il primo passo verso un mondo migliore e più a misura d’uomo.
Ricordate che leggendo questo post e divulgandolo state allargando la luce della consapevolezza, state insegnando a qualcuno che esiste una policy, a un altro che questa policy DEVE essere letta, ad altri ancora che FB ci legge i dati e infine agli ultimi che le foto che postano non sono di chi le ha fatte ma del social blu.
Mi piace fare sempre questo esempio, anche ai miei seminari e corsi:
se Leonardo Sciascia non avesse scritto “Il giorno della civetta” lo Stato Italiano avrebbe continuato a dire che la mafia NON era realtà. Non c’era. Non esisteva.
Sciascia ha solo alzato il coperchio su qualcosa presente da tempo, ma senza alzare i coperchi non si sente l’odore delle cose ed è l’odore delle cose che ce ne fa prendere atto e ce le fa cambiare o accettare. Si chiama, di nuovo, consapevolezza.
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“Rischi e opportunità del Web 3.0”
Scarica GRATIS le prime 33 pagine -> http://bit.ly/ZWzEUf
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