Quando racconto nelle scuole che Google e altri social network guadagnano dai nostri dati, rimangono increduli. Non riescono a credere che queste piattaforme abbiano dei modelli di business basati sui dati e s’indignano dicendo “ma non è giusto”, convinti fino a un attimo prima che queste aziende operassero come delle organizzazioni no profit.
Questo la dice lunga su due cose: l’idealismo dei ragazzi che è quel motore che li spinge a dire “ma non è giusto” ancora prima di capire bene le dinamiche -semmai hanno pure ragione eh- e la poca consapevolezza che si respira nelle famiglie e scuole italiane riguardo a questo tema.
Semmai sono cose che si sanno anche, ma delle quali si parla sempre troppo poco.