Pubblico una interessante nota dell’assessore provinciale alla Sanità e alle Pari Opportunità di Ferrara, Manuela Paltrinieri.
E’ secondo me un ottimo spunto di riflessione.
“La “sicurezza” è senz’altro un diritto. Non è un’invenzione dei nostri tempi ma un’idea che viene da lontano: già nell’art. 2 della “Dichiarazione dei diritti dell’uomo e del cittadino” del 1789, si rappresenta la sicurezza come un diritto. Prima ancora, Montesquieu, nel suo “De l’esprit des lois”, aveva affermato che “la libertà politica consiste nella sicurezza, o almeno nell’opinione che si ha della propria sicurezza”, e che “dalla bontà delle leggi penali dipende principalmente la libertà del cittadino”. Straordinariamente moderna, quella definizione vale ancora oggi, e ci conferma come sia indispensabile garantire – sempre – il diritto di ognuno a vivere sicuro. Perché la tutela dell’incolumità dei cittadini costituisce la condizione prima e ottimale affinché ciascuno eserciti le proprie libertà nel rispetto delle libertà dell’altro.
Il punto è proprio questo: l’equilibrio tra sicurezza e libertà.
Può, quindi, la sicurezza diventare l’alibi per scelte politiche e di governo che comprimano oltre il confine della ragionevolezza altri diritti fondamentali sanciti in Costituzione?
Personalmente rispondo con un no convinto, constatando come, in Italia, i provvedimenti rivolti agli stranieri, ad esempio, non contengano alcuna misura che “bilanci” il diritto alla sicurezza con i diritti fondamentali di tutte le persone. A tal proposito vale la pena ricordare la sentenza n. 105/2001 della Corte Costituzionale (relativa alla L. 186 del 1998) che è considerata – a ragione – un punto fermo nella definizione di un “diritto degli stranieri”. Proprio in riferimento al bilanciamento (all’equilibrio) tra diversi diritti, la Corte espresse questo concetto cardine: “per quanto possano essere percepiti come gravi i problemi di sicurezza e di ordine pubblico connessi a flussi migratori incontrollati, non può risultarne minimamente scalfito il carattere universale della libertà personale, che, al pari degli altri diritti che la Costituzione proclama inviolabili (tra questi certamente il diritto alla salute, art 32 Cost.), spetta ai singoli non in quanto partecipi di una determinata comunità politica, ma in quanto esseri umani”.
Un clandestino malato ha quindi il diritto ad essere curato e ad esigere le cure che gli servono; si dovrebbe quindi dare per scontato che tutte le Istituzioni statali lo aiutino, lo soccorrano, e facciano di tutto per liberarlo dalla paura e dalla malattia, affinché non debba mai chiedersi se vale di più la sua vita o la sua libertà.
Del resto, quale sicurezza produce, per i cittadini, non curare chi è malato e chiede aiuto, provocandone magari la morte o facilitando addirittura il diffondersi di patologie infettive? L’irragionevolezza e l’incostituzionalità delle scelte contenute nel “pacchetto sicurezza” proposto dalla maggioranza emerge anche da queste aporie.
Certamente, la reazione di sdegno di tanti medici a fronte delle norme – recentemente approvate da un ramo del Palamento – che vorrebbero imporre agli stessi professionisti la denuncia dei clandestini che chiedessero il loro aiuto, mi conferma che siamo per fortuna in tanti ad avere le stesse convinzioni, ad aver trovato nella nostra Carta Costituzionale, oltre che nei codici deontologici, la ragione di un impegno politico, sociale e professionale che mette al centro le persone, i loro diritti, la loro dignità.
Il rispetto della Costituzione, l’aderenza al raffinato equilibrio tra i diversi poteri dello Stato da essa sancito, l’assunzione della centralità della persona come bussola per qualsiasi scelta devono essere il nostro più rigoroso e coerente impegno di politici e di cittadini, nella consapevolezza che questo è ciò che garantisce una vita sicura, dignitosa, libera. La certezza che dovremmo avere tutti è che i nostri diritti saranno certi solo finchè nemmeno uno solo di noi se ne vedrà privato.
Ma se i diritti di qualcuno vengono così radicalmente messi in discussione, se le stesse Istituzioni adottano comportamenti che, nei fatti, sfaldano le norme e il sistema di garanzie che l’Italia si è data dopo l’esperienza di una terribile dittatura, se niente più è certo, se tutto può succedere, come faremo, anche noi, a sentirci sicuri pur nelle nostre “tiepide case…” ?
Non diversamente, il governo ha pensato di vanificare una pronuncia passata in giudicato mediante un decreto legge. Non c’è ragione giuridica, morale o etica che possa giustificare una simile arroganza, questa totale mancanza di cultura delle regole e della Costituzione (oltre che dei fatti). Non mi si accusi di voler criticare il Governo ad ogni costo; credo che il ragionamento sulla sicurezza e sulla tutela dei diritti non potesse che condurmi a questo snodo: le sentenze della Corte costituzionale sono disattese in termini di tutela dei diritti degli stranieri; le pronunce della Corte d’appello di Milano e della Cassazione sul caso di Eluana Englaro si avviano ad essere sgretolate dalla volontà cieca del potere esecutivo.
Ora il Parlamento si appresta a legiferare con urgenza e maldestramente sul tema del “fine vita” dopo anni di timorosa paralisi, segnati dalla sudditanza al potere ecclesiastico di buona parte della classe politica, nonchè dall’ evidente incapacità di tutti gli schieramenti ad affrontare con sintesi efficaci le questioni eticamente sensibili (ovvero specifici diritti civili, com’è più corretto definirle).
Se fossi una parlamentare voterei contro il disegno di legge presentato dal Governo. E voterei contro qualsiasi legge che non derivasse dalle indicazioni della scienza medica, che non tutelasse fino in fondo il diritto di scelta dei singoli – questo è il punto focale del caso Englaro, al di là delle cortine fumogene accuratamente stese sulla vicenda – e che non garantisse il difficile esercizio del compito di “curatore” per le persone non più coscienti.
E vorrei che nessun parlamentare – su questi temi – invocasse un suo diritto al “voto di coscienza” ; quest’ultimo non ha ragione d’essere di fronte a decisioni in cui, in virtù del “principio pluralista” (ancora la Costituzione) deve essere lasciato spazio alle diverse ma legittime coscienze dei singoli cittadini. La coscienza di un parlamentare non vale di più della coscienza di chi l’ha eletto: le norme che elabora riflettano dunque – nel rispetto della Costituzione – questa certezza.
Desidero ringraziare sentitamente la famiglia Englaro, che ha avuto il coraggio di rendere pubblico il suo dramma, che ha chiesto di poter esercitare un diritto – quello alla scelta – alla luce del sole e con il sostegno dello Stato e delle norme disponibili. Non sfugge a nessuno che quel padre, quella madre, avrebbero potuto affrontare e risolvere diversamente la drammatica situazione in cui versano. Nessuno dimentichi che la loro intelligenza, la loro forza, la loro generosità ha costretto tanti di noi a fare i conti con ciò che la vita potrebbe riservarci, ma a cui non pensiamo mai: e a dare diverse ma legittime risposte agli stessi, drammatici interrogativi.”
Condivido in pieno, i medici facciano i medici. Ciao belli
come diceva qualcuno in dialetto ferrarese:”ognun pensa par se e dio al pensa par tuti”