Prima di scrivere questo post è necessaria una premessa: con Antonio Lupetti io sono sempre andato d’accordo. Ci siamo scritti diverse volte su tutti i social, il suo sito Woork Up era tra i miei feed, abbiamo animatamente ma civilmente discusso molto spesso e ci siamo scritti anche in privato una volta, per delle letture per le quali lo ringrazio ancora (vedi il capolavoro “Buongiorno Los Angeles” di Frey).
Poi, in ottobre del 2014, ovvero 3 mesi fa, scrive su Facebook che si è stancato di Facebook.
Non posso farvi vedere cosa scrive perchè mi ha bloccato ma in sostanza dice che non si diverte più, che smette di scrivere su FB e che ci sono altri “luoghi” più divertenti.
Il suo Woork Up diventa rezeer.com e a quanto pare cambia “vita digitale”. Dignitosamente, nulla da dire.
Le scelte personali, in quanto personali, vanno SEMPRE rispettate.
Ma Lupetti è un personaggio noto online, ha decine di migliaia di followers ed è molto controverso, talmente controverso che mi è capitato di citarlo nelle mie lezioni, parlando di personal branding, quindi quello che dice ha una certa eco.
Sabato pomeriggio esce su Facebook con questo post (che io copio da Google Plus perchè, ripeto, su FB mi ha bloccato).
Ho osservato con sincero interesse tante delle numerose reazioni del web nostrano che in queste ore si sono levate in difesa incondizionata della libertà di espressione sulla scia dei tragici fatti di Parigi.
Ho più che altro notato una strisciante ipocrisia da parte di taluni tra quelli che oggi, per cavalcare l’onda del consenso e del politicamente corretto, di questo sacrosanto diritto se ne fanno paladini.
Tempo fa scrivevo su un blog chiamato Woork Up. L’ho chiuso probabilmente nel momento di maggiore popolarità per tanti motivi. Tuttavia ce n’è uno che spesso è stato ricorrente: ho ricevuto minacce e ingiurie solo per aver espresso la mia opinione. Ho ricevuto diffide e querele solo per aver elencato dati ufficiali, tratti da qualche bilancio o sentenze facilmente rintracciabili con una ricerca su Google. Non importa se la maniacale accuratezza dei dati riportati mi ha dato poi sempre ragione perché, nel frattempo, il “sistema” che da solo uno si trova ad affrontare, fatto di avvocati, diffide, minacce, querele e odio montato da vere e proprie gang digitali qui sui social network, alla lunga, sfiancherebbe chiunque.
Io ho provato tutto questo sulla mia pelle e il più delle volte non è stato piacevole. É un’esperienza che di per se rafforza il carattere, ti lascia col tempo indifferente, ma quello che non finisci mai per accettare, per spiegare razionalmente, è quell’odio feroce che si sfoga su queste piattaforme sociali contro chi non vuole allinearsi al senso comune o trova l’ardire di grattare sotto quella superficie di buonismo, sempre troppo cara a tanti, che permea come un anestetico la rete e addormenta le coscienze su convinzioni a senso unico in cui la critica, anche se suffragata dai fatti, è solo derubricata a “sterile polemica” e chi la fa dipinto come un bersaglio d’annichilire.
“Illustri colleghi” che oggi ingolfano i loro profili con manifesti al diritto d’espressione mi hanno descritto con epiteti assai poco eleganti, mi hanno invitato con metodi da capò a sparire dalla circolazione, hanno aizzato contro di me il loro seguito solo perché non la pensavo come loro, per aver espresso un punto di vista diverso che, nonostante non abbia mai avuto la pretesa di essere la Verità assoluta, quantomeno poteva rappresentare una delle sue tante sfaccettature.
Woork Up è stato fatto a pezzi da un feroce fuoco incrociato proveniente da più parti e le sue macerie lo hanno seppellito vivo. Woork Up è finito perché quella libertà di espressione che oggi in tanti difendono – a cui io ormai non credo, che non mi sforzerò più né di difendere né di rispettare per pura maniera, solo per apparire immacolato e giusto a chiunque – è buona giusto per sbertucciare qualche tweet o post su Facebook quando le circostanze di un’ortodossa presenza sociale online lo richiedono. In tutti gli altri casi, quando qualcosa urta la nostra suscettibilità, l’intolleranza e l’odio, come le raffiche dei kalashnikof, sono metodi molto più sbrigativi a cui tutti preferiamo ricorrere.
Io leggo con interesse la cosa, la considero fuori luogo, ma la prima domanda che mi viene in mente è,
come mai scrive su FB dopo un addio a FB?
E lo chiedo a lui, gentilmente, domandando appunto il perchè, le motivazioni del suo ritorno.
Subito dopo di me risponde anche Matteo “Bianx” Bianconi che chiede, a differenza mia,
come sia possibile equiparare quanto successo a Parigi e Woork Up.
In pratica, sostiene Bianconi, sono due casi che stanno ad anni luce di distanza e che non possono, nemmeno per idea, essere paragonati e nemmeno essere messi nella stessa frase.
Sono due mondi diversi, e io sono del TUTTO d’accordo con Matteo: Parigi e Woork Up non hanno NULLA a che fare tra loro, è come paragonare acqua e benzina, fuoco e ghiaccio. NULLA a che fare.
Bene, cosa succede dopo? Succede che Lupetti cancella il mio commento, cancella il commento di Bianconi, e scrive quello che vedete sotto, in inglese, ovvero che tutti i commenti OT verranno rimossi dalla conversazione.
In inglese? OT? Se OT vuol dire Off Topic, ovvero fuori dall’argomento del quale si sta discutendo, Bianconi mi sembra del tutto in topic invece.
A parte che non capisco bene la scelta della lingua, ma se io posso essere stato OT con il mio commento non mi pare per NULLA che Matteo lo sia stato e allora cosa faccio? Lo scrivo.
Scrivo un commento nel quale dico che credo non sia una questione di cancellare un commento OT ma di cancellare commenti che non sono d’accordo con la visione di Lupetti stesso. Come a dire
Scusate ma i commenti di quelli non d’accordo con me saranno cancellati
Da li è iniziata una pioggia di cancellazione dei commenti ma anche una pioggia di blocchi. Il mio commento è stato ovviamente rimosso così come il mio account bloccato da parte di Antonio.
Ora, la domanda è, perché?
– Perché una persona dice di non voler più scrivere su FB perchè non si diverte e poi dopo tre mesi lo fa di nuovo?
– Tutti abbiamo il diritto di cambiare idea come gli altri di chiedere il perché si è cambiata idea, quando questa idea è espressa pubblicamente.
– Tutti abbiamo il diritto di commentare le esternazioni degli altri quando queste sono pubbliche.
Non sono uno che ama la ricerca al fail o a cose del genere, anche perché Lupetti, con tutto il rispetto, non è Renzi, ma quello su cui voglio portare l’attenzione è l’atteggiamento, l’atteggiamento difensivo, quasi “xenofobo” verso il quale si rischia di derivare sui social.
Ho visto diverse volte in vita mia cancellare dei commenti e pochissime di queste volte la cancellazione era necessaria:
quasi sempre è stato fatto per paura del confronto.
I punti da tenere a mente per una comunicazione online che sia equilibrata e corretta sono pochi e semplici e tra questi c’è il fatto di avere un dovere, un dovere verso le persone che ci leggono e verso noi stessi.
Se ci esponiamo con un pensiero dobbiamo supporre che esista chi NON è d’accordo e dobbiamo essere pronti ad accettarlo.
Se non sottostiamo a questa condizione vuol dire che abbiamo PAURA e che quindi dobbiamo anche fare a meno di esprimere i nostri pensieri e le nostre riflessioni in pubblico. Delle due, una.
PS:
ho detto fin da subito che se la piattaforma concede una possibilità questa possibilità è “usabile”. Abbiamo questa libertà e la possiamo usare.
Questo credo non sia in discussione. Quello che è in discussione sono le modalità, la forma: se avesse scritto un post nel quale elogiava l’univocità di espressione, inserendo tra i commenti “cancello i commenti che non mi piacciono” sarebbe stato coerente.
Scrivendo un post che parla di libertà di espressione, dicendo che cancella gli OT e cancellando e bloccando invece quelli NON d’accordo… beh… non è stato coerente e nemmeno “giusto” e nemmeno corretto. Lo poteva fare? Si. E’ stato “giusto”? No.
Poi è libero di farlo, si certo, ma che sia una bella cosa no.
Se io sputo per terra mentre sono in coda al museo lo posso fare, non è illegale, ma non è bello, ammetterete, perchè faccio sottostare gli altri a un mio atteggiamento.
Qua non si discute se poteva farlo o meno, si discute se è “giusto” farlo o meno.
Sono un divulgatore digitale, #TEDx speaker e Co-founder di NetPropaganda: sviluppo strategie in sinergia con i vari reparti delle aziende o con i professionisti per generare nuovi servizi, progetti e campagne di comunicazione online, creando e rafforzando l’identità di brand o di personal branding.
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