Difficile avallare una proposta di legge poco chiara e di fatto praticamente irrealizzabile come la Web Tax, o Google Tax, ma il pregio della proposta non sta nel suo contenuto o nella sua forma, ma nella sua ispirazione.
Prima di “lanciare” tutto quanto è stato scritto su Facebook in riferimento ad una mia domanda in merito, voglio fare un paio di riflessioni che ho colto dalla discussione suddetta.
Come dice Pezzi su Wired credo che a Boccia vada oggettivamente riconosciuto di avere saputo aprire un dibattito fondamentale che spero il governo Letta vorrà riprendere su scala europea nel corso del semestre di Presidenza.
Si perchè il problema che si tenta di arginare con una goffa tassa, è reale e tangibile: è un problema generato da diversi ed influenti fattori, ne ho individuati almeno 5, i quali non possono semplicemente essere dimenticati.
1- La nostra totale e completa dipendenza da servizi digitali esteri.
2- L’esistenza, nella stessa Europa, di paradisi fiscali che destabilizzano e disequilibrano l’economia.
3- L’ovvio compromesso che abbiamo con lobby in particolare americane che ci “permettono” da un lato di usare i loro servizi o comprare i loro prodotti (Amazon, Google, Facebook per citare tre nomi) ma dall’altro lato si permettono di non lasciare un centesimo nel territorio in cui guadagnano.
4- La mancanza di una legislazione super partes, europea se non mondiale, che permetta l’uniformarsi dei regimi fiscali (almeno in termini di esportazioni-importazione di servizi).
5- L’esistenza di un mondo digitale del tutto diverso e svincolato dalla pragmaticità alla quale siamo stati abituati fino a non più di 10 anni fa. Un mondo che avrebbe bisogno di regole nuove, fluide ma uniformi. Regole che di fatto, adesso, non esistono.
La legge è un abominio. Non è possibile obbligare Google ad aprire partita IVA in Italia semplicemente perchè non lo farebbe, visto che lo Stato gli salasserebbe troppo gettito. Meglio perdere un mercato come l’Italia, che pagarci le tasse dentro.
Dall’altra parte noi, nel caso assurdo in cui la legge passasse e Google se ne andasse, non potremmo più comprare servizi come AdWords, o Facebook ADS se la cosa riguardasse tutti. Non potrei più pagare pochi euro l’anno il mio amato HootSuite. E saremmo del tutto tagliati fuori da un sistema che ci prosciuga si, ma che ci fa anche lavorare.
La legge è un abominio, certo, ma la situazione che ha generato l’abominio non scompare cancellando l’abominio. Il problema esiste ed esiste una sola soluzione: durante la semestrale imminente presidenza italiana europea, fare pressioni perchè il “problema” sia affrontato unitamente, in sede europea appunto, e non frammentati.
Dice Guerrini sulla Stampa:
Parigi sta facendo da tempo operazione di lobbying sui vertici della Commissione Europea per far sì che i colossi del digitale paghino le tasse nei Paesi dove generano utili e non, come avviene attualmente, in quelli dove hanno sede, cosa che consente a Facebook, Google, Amazon e simili, di sfruttare i regimi agevolati di nazioni come l’Irlanda e il Lussemburgo. A ottobre è stato nominato un gruppo di esperti sulla tassazione digitale che dovrà elaborare una proposta da discutere nella prossima primavera.
E noi italiani dobbiamo perseguire questa linea, questo intento.
A parte la follia nel comma 2, dove si parla di spazi e link “visualizzabili sul territorio italiano” in modo del tutto sconclusionato ed evidentemente senza senso, il problema delle tasse che non rimangono dove gli utili vengono generati esiste, esiste eccome e va affrontato. Così come esiste un problema “culturale” tutto italiano, ovvero un problema che porta aiuto di Stato per “la lettura” ai libri cartacei e non agli ebook. Una cultura, o mancanza della stessa, che non equipara l’IVA sui libri cartacei con quella degli ebook, per non farci mancare niente.
La Web Tax è un abominio mentre i motivi che hanno spinto a pensarla e a scriverla sono dei fatti ineluttabili contro i quali ci dobbiamo scontrare e che non potremo ignorare per sempre. La Werb Tax è un abominio che ha aperto un dibattito necessario ed ineludibile.
Ora vi lascio alla discussione Facebook e Google Plus, se volete approfondire.
Chiedevo stamattina:
Io forse sarò scemo, ma non ho ancora un giudizio preciso su questa #WebTax .
Qualcuno sarebbe così gentile da spiegarmi cos’è, senza pregiudizi, e perchè è giusta oppure sbagliata? Ve ne sarei grato.
Ecco le risposte da Facebook e Google Plus. Grazie a tutti.
Risolvere il problema di elusione delle tasse con emendamenti e’ ridicolo. Inoltre le internet corp. non sono le sole ad eludere le tasse con le triangolazioni.
Un’altro aspetto e’ il provincialismo di queste regole, siamo o non siamo in EU?
Fatto salvo il problema dell’elusione da risolvere a livello EU, Google ha sede in Irlanda, paga 12.5% di tasse, poi VAT quindi non si capisce perche’ dovremmo aggiungere IVA. La quale IVA viene pagata da chi compra non da chi vende, quindi la soluzione proposta non risolve nessun problema tranne quello di far cassa su chi compra.
Alessandro
A parte il Comma 2, che merita come hai detto un discorso a parte, mi sfugge il significato di tutto questo polverone. Di fatto per le Aziende Italiane con il “Modello Intrastat” tutto quello che viene acquistato all’estero è già sottoposto a tassazione. Al momento il problema verte attorno alla questione di trovare un sistema di pagamento IVA per il consumatore finale, il quale, essendo privo di P.IVA, non riesce ad essere tracciato dall’Agenzia delle Entrate (a meno che non si trattino di beni di natura deducibile). Tutti quanti hanno erroneamente legato, a mio avviso pilotati inconsciamente da abili manovratori, il concetto di Web Tax con Google, ma di fatto per quest’ultimo cambierebbe poco o nulla. In primis perché l’IVA non è un costo quindi non graverebbe sul produttore del bene, ma solo sul consumatore finale (ergo le Aziende Italiane che la pagano a loro volta la scaricano, solo un utente finale la pagherebbe a passivo ma conoscete qualche privato che fa dell’Adwords per se stesso?). La Web Tax vuole solo trovare un sistema per la tassazione IVA dell’utente finale, dovendo affrontare i difficili concetti di “frontiera” e “dogana” nel mondo digitale. Praticamente si attuerebbe nel “digitale” quello che avviene già alle dogane “reali” quando portiamo in Italia dei beni acquistati all’estero. Uno può obiettare che sia ingiusto pagare l’IVA, lo si può fare, ma allora dovremmo eliminare questa tassazione anche dai beni prodotti e venduti nel mondo reale, per giustizia ed equità.
http://www.camera.it/parlam/leggi/deleghe/10018dl.htm
Vorrei anche essere propositivo. Si potrebbe fare un’altra cosa: su e-commerce l’ IVA a 0%. Cioe’ beni e servizi via e-commerce l’IVA e’ 0%. Una tale soluzione si pagherebbe da sola in 1 anno, sarebbe un volano incredibile all’economia delle PMI e startup, e porterebbe alla creazione di posti di lavoro. Qui un po di dati: https://www.facebook.com/1GpsFibraZeroIvaInternet
Alessandro
PS al mio commento precedente: ti chiedo scusa ma ho erroneamente linkato tutto il commento anziché le sole parole “MODELLO INTRASTAT”. Scusa. ;)
Scusa un domanda, ma tu quando acquisti un software o qualsiasi altro prodotto online, come titolare di P.IVA, non ci paghi l’IVA del 22%?@ Alessandro:
Mi spiegheresti perchè un’azienda “pure-click” dovrebbe pagare 0% di IVA mentre un’Azienda “brick&mortar” dovrebbe pagare il 22%? Se è per lo sviluppo economico allora toglilo da entrambe e trova le coperture fiscali con extra gettiti. Se si calano le tasse, e lo si può fare, lo si fa per tutti non solo per alcune categorie.@ Alessandro:
@ Dave: certo che paghi il 22% iva ma poi la scarichi. Ma e’ sempre una tassa che paga il compratore non il venditore. Era riferito al fatto che quello che hanno introdotto lo fanno passare come se colpissero chi elude le tasse ma in realta’ non intaccanno il problema.
@ Dave: E’ un incentivo come se ne fanno molti per diversi settori. E poi il “brick&mortar” non e’ certo comparabile all’ ad online per molti motivi. Capisco l’obiezione, ma l’idea e’ usare l’e-commerce come volano per l’economia e far ripartire i consumi.
Negli US stanno discutendo sulle tasse sull’e-commerce che fino a qualche anno fa nessun stato imponeva, vanno da 5 al 10% (sales taxes). Questo e’ uno dei motivi per il quale internet/online/e-commerce ha avuto una crescita enorme.
Mi ripeto, l’idea e’ semplice: se vendi beni e service online/e-commerce l’iva appicata e’ 0%. L’anno scorso l’e-commerce e’ cresciuto in media del 20% (mi manca il dato online ads del 2013)
Guarda il link che ho messo, magari commenta, comunque e’ un discorso piu’ generale su un agenda digitale, che questi considerano una scocciatura viste le leggi che fanno!
Alessandro
Alessandro ha scritto:
Esatto, ma se i politici hanno fatto casino nel comunicare l’intento della legge, non è detto che la legge sia sbagliata. Se io compro un paio di scarpe, non vedo perché debba pagarlo detassato online ed al 22% in un canale retail. Per favorire il canale digitale creeresti problemi, e forse disoccupazione, al canale di distribuzione reale. Quindi se esiste un’IVA, questa deve essere pagata da tutti. SE poi sia giusto o meno che esista con quest’aliquota è un altro discorso, sul quale sono profondamente contrario.
Si vero, però attenzione che da un punto di vista macro economico nel dare un simile stimolo alla vendita online, svilisci quella del piccolo dettaglio e della GDO-GDS, creando stagnazione su questi ultimi. E’ un film che ho già visto anni fa, quando nel favorire GDO/GDS si finì per uccidere il piccolo commerciante con tutte le implicazioni sociali del caso. Non dico che non si debba incentivare il digitale, ma bisogna farlo con i guanti di seta non con il martello.
@ Dave: giusto una info su come questa legge contrasta con il diritto UE http://www.iavvocato.eu/?p=1158
Di esempi ne puoi/posso fare molti pro/contro ma i vantaggi sono molto superiori agli svantaggi.
Il piccolo al dettaglio potra’ benissimo vendere anche online. L’incentivo e’ alluso dell’e-commerce come volano legato all’economia.
“Per favorire il canale digitale creeresti problemi, e forse disoccupazione, al canale di distribuzione reale.” Scusami ma il canale digitale non e’ sconnesso da quello reale, tutt’ altro.
A parte qualche export, l’e-commerce e’ l’unico settore in crescita, vuol dire che e’ un volano enorme.
Per non contare poi che l’IVA evasa, e quindi i profitti, e’ enorme (stima 46 mld nel 2012), con l’e-commerce e IVA a 0% non c’e’ questo problema, chi non evade puo’ competere ad armi pari, visto che e’ tutto tracciabile, i profitti potranno essere tassati e non evasi.
Alessandro