Sono passati, oggi, 365 giorni dal boato che ha mosso la terra e che ha fatto tremare l’Emilia, un anno fa. Lo dico per precisione, visto che ieri Pamparana per radio ha detto che la scossa fu il 28, ignorando di fatto quella che portò dei morti nella mia terra, prima ancora che nella sfortunata zona di Finale Emilia.
Un anno fa, lo ricordo bene per ovvie ragione, uscii di casa in mutante, alle 4.04 e in panico totale, mentre i miei vicini erano già in strada a constatare i danni. Un anno fa feci delle foto che, almeno a me, rimarranno impresse nella memoria, oltre che nella SD della macchina.
Dopo 365 giorni un pochino il punto lo possiamo fare, almeno dal mio punto di vista; un dato su tutti, preso dal quotidiano locale Estense.com “circa 4500 posti di lavoro siano stati persi a causa dei danni provocati dal sisma, dei quali 2400 nel comparto industriali, mentre gli altri si suddividono tra gli altri settori economici e l’indotto, come quello della ristorazione, che conta 1100 lavoratori in meno“.
In una parola, una catastrofe.
Al di la della facile demagogia e dei fraseggi ad effetto come “sono gente forte” o “sono una popolazione fiera di lavoratori” il cuore dell’Emilia è stato davvero devastato da un sisma che ha fatto capolino nel peggior momento storico degli ultimi anni.
Il comparto delle macchine utensili di precisione e del biomedicale, fiori all’occhiello e comparti leader mondiali dei rispettivi settori, sono ad oggi in ginocchio, se non scomparsi.
In un momento in cui l’equilibrio economico è precario così quanto la sostenibilità delle aziende, un terremoto rovescia il tavolo e devasta una zona che da sola produce il 2% del PIL italiano.
Lo Stato cosa fa? Lo Stato fa poco. Poco o niente. Ma questo si sapeva, e da queste parti nessuno sta ad aspettare lo Stato. Di questo nemmeno voglio parlare, è un assioma.
La mia Ferrara, che ormai vive di turismo e terziario, non riesce a risollevarsi da quanto successo: il picco della Torre dei Leoni del Castello Estense è ancora circondato dalle impalcature, da un anno ormai.
Sempre da un anno gli autobus non passano più in centro, perché con le vibrazioni i palazzi storici messi a dura prova dal terremoto, potrebbero cedere o risentirne. Siamo l’unico centro turistico e culturale in cui gli autobus non circolano.
Abbiamo fabbriche come le ceramiche Sant’Agostino, prima esempio di efficienza e di opulenza economica, che non riescono a risollevarsi dalla morte di 4 ragazzi e da una struttura del tutto sventrata, ed abbiamo paesi “invasi dalle sabbie” come San Carlo, paesi che sono diventati fantasma, a causa dell’inagibilità di tutto.
Gli asili sono ancora chiusi (molti asili) ed i bambini vanno a scuola in prefabbricati. Belli, tenuti perfettamente e con i fiori alle finestre, perché noi siamo fatti così, ma prefabbricati.
Oggi Laura Boldrini sarà a Ferrara: nessuno vuole chiedere la carità, nessuno vuole la pietà di nessuno, non è nel nostro stile. Si chiede solo di poter ricominciare a lavorare, si chiede di aiutarci con una burocrazia folle, lenta e farraginosa e di poter essere messi nelle condizioni di poter lavorare.
Bello il tuo post, non potrei aggiungere altro.
Pero’ devo essere polemico, per i 4 operai morti sotto le macerie durante il loro turno di lavoro, niente risarcimento. Questa notizia non è certa l’ho letta ma non ricordo dove.
Allora se la cosa è vera ci sono figli e figliastri, morire con la divisa si diventa eroi, morire con la tuta si è spazzatura.
Spero tanto che non sia così