In questi giorni mi sono trovato a leggere “Manuale di tecnocotrollo” di Laurier Rochon, una “guida pratica per dittatori alla conservazione del potere tramite Internet”. Un testo anche ironico, naturalmente, ma con ottimi spunti di riflessione.
La prima riflessione che mi è venuta è stata questa: siamo sicuri che Internet sia un luogo che sfugge al controllo del potere?
Internet è per sua natura una infrastruttura tecnologica e quindi, sempre per sua natura, controllabile e “spegnibile”. In Paesi autoritari se non addirittura dittatoriali come l’Arabia Saudita o l’Iran, Internet potrebbe essere semplicemente spento, con un interruttore on-off.
Perché questo? Perché il Legislatore è colluso con il Governo autoritario, perché le leggi sono quindi fatte su misura per permettere il controllo delle masse, perché gli ISP (gli Internet Service Provider, ovvero quelli che forniscono il servizio Internet) sono a loro volta sotto il controllo del Governo grazie alla legislazione “statalista” e perché con il cloud, scusate l’espressione, ci tengono tutti per le palle.
Se tutti i miei dati sono ridondanti in server in cloud, su server che che NON sono miei ma di un’azienda che legalmente è avvinghiata ad uno stato autoritario, i miei dati non sono più miei.
Se Internet può essere spento con un interruttore è ancora un veicolo di libertà oppure è un veicolo di monitoraggio e distrazione della popolazione?
La seconda riflessione che mi è venuta è figlia della prima.
I romani dicevano “panem et circenses” per evidenziare il concetto che il popolo aveva bisogno di sostentamento per vivere e di intrattenimento per non pensare alla propria condizione. E quindi per non ribellarsi al potere costituito.
Dozzinale, gretto, primitivo ma molto funzionale e tecnicamente impeccabile.
Se nell’antichità si dava al popolo il circo per distrarlo, alla fine del secolo scorso gli si è data la TV. Siamo stati per anni lobotomizzati dal calcio e dalla televisione ad altissimo grado di mignotteria, e questo ci ha reso quasi incapaci di pensare e ragionare.
Siamo stati tenuti per anni in uno stato neurovegetativo dalle tette di Drive In e dalle vittorie del Milan.
Nel 21esimo secolo, chi mi dice che il circenses non sia Internet? Tutti noi ci sentiamo migliori quando scriviamo dei messaggi di stato contro il Governo, quando critichiamo chi ci comanda, quando spariamo a zero sui partiti e su chi li rappresenta. Ci sentiamo bene, ha un effetto catartico scrivere un post nel quale si analizza il lavoro fatto da un particolare movimento politico, per poi demolirlo a colpi di retorica. Bello, soddisfacente. E poi?
A me piace pensare di formare delle coscienze pensanti, ma lo faccio davvero?
Non è per caso “più vero” il fatto che invece di formare delle coscienze le faccio sfogare qua, o su Facebook, o su Twitter, bonificando la vita reale da tutta la rabbia che invece su quella dovrebbe essere riversata?
Non potrebbe essere che Internet sia il circenses del 2000?