Non è un mistero il fatto che si stia andando sempre più verso un mondo-villaggio-appartamento globale in cui tutti possono sapere tutto di tutti.
Se questo è bello, divertente e sicuro per un verso (vedi il mondo dei social network), dall’altro lato il rischio per la privacy è altissimo, quanto non è mai stato prima.
L’ultima novità che accende gli animi viene dagli USA, come spesso accade:
“Riconoscere un volto tra migliaia di persone attraverso una telecamera di servizio, risalire all’identità grazie alla voce. L’Fbi punta su una nuovo sistema tecnologico per l’identificazione dei criminali: l’Ngi, Next generation identification, un programma velocissimo, connesso ad un database contenente i dati dei pregiudicati americani, in grado di riconoscere i tratti del viso, scannerizzare l’iride, analizzare il Dna e identificare la voce (…) L’utilizzo di questo sistema ha iniziato già a preoccupare i sostenitori del diritto alla privacy. La probabilità che il viso di un incensurato finisca nel sistema dell’Fbi, perché sullo sfondo di una foto con protagonista un noto criminale, è alta. Il collettivo Anonymous, che fa del rispetto della privacy online e in pubblico una delle sue tematiche principali, venerdì scorso ha annunciato, con un video 3 su Twitter 4, di voler avviare per il prossimo 20 ottobre proteste in tutto il mondo contro il sistema di sorveglianza TrapWire 5, un programma non molto diverso dall’Ngi.”
Il vero problema dove sta? Il vero problema sta nell’incrocio dei dati. Avrete tutti notato che Google piazza le proprie pubblicità all’interno di Gmail, e le stesse sono sempre “adattate” a quello che scriviamo.
Allora questo cosa significa, che Google legge la nostra posta? Certo, ma questo non vuol dire che esista un incrocio tra chi ha scritto e quello che viene scritto. Di fatto, sempre stando a Google, un crawler (un software che legge la nostra roba) vaglia la posta e in base quello che trova piazza advertising. Ma questo non vuol dire che qualcuno sappia cosa scrive chi.
Manca l’incrocio dei dati e fino a che non sappiamo risalire ad una persona in base a quello che scrive, questa persona è al sicuro: i dati servono solo in abbinamento a qualcuno, altrimenti non servono a nulla.
Ora, la situazione è evidentemente esplosiva: ammettiamo per un attimo che oggi Google sia “dei buoni”. Ok, loro non incrociano i dati e i suddetti sono al sicuro. Ma se domani Google venisse venduto “ai cattivi”?
Allo stesso modo, ammettiamo che l’FBI sfrutti davvero questo sistema per la nostra sicurezza, ma se qualcuno avesse un accesso superiore e potesse accedere a quei dati?
Lo stesso discorso vale per Facebook e tutti i social network, così come vale per tutti i sistemi digitali di raccolta dati.
Io non so cosa sia meglio ma capisco la direzione presa: i dati sono TUTTO, ma i dati sono NOSTRI. E’ ovvio che il concetto di privacy debba cambiare e cambierà, come è ovvio che dobbiamo restare sempre vigili su tutto quello che accade nel mondo della Rete. Movimenti come il Partito Pirata o Anonymous, che in qualche modo sono sempre molto attenti a quello che accade nel mondo dei dati personali, non hanno necessariamente ragione a prescindere ma sono sistemi di tutela, di controllo e di vaglio importantissimi, per farci capire in quale direzione stiamo andando, quali sono le vere realtà che ci vengono celate e per farci rendere sempre più conto che il prodotto siamo noi.
Siamo preziosi. Informiamoci e tuteliamoci.
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