Queste tre settimane di maggio sono andate, il Giro d’Italia è finito e la mia esperienza al suo seguito, manco fosse un dio pagano, è finita. #StorieDalGiro, l‘esperienza forse più estrema, bella, affaticante, alternativa e brillante della mia vita è finita.
Si perché qua non si parla di un live tweeting in cui una azienda ti dice di raccontare se stessa, no no, qua si tratta di venti giorni tra i più impegnativi che si possano immaginare, con levatacce alle sette e riposo mai prima dell’una, e centinaia di km tutti i giorni. Tutti i giorni, senza soluzione di continuità.
Si tratta di una prova non solo di professionalità ma di resistenza della professionalità nel tempo, si tratta di non cedere alla stanchezza e al nervosismo, di essere sempre brillanti, mai inopportuni, sempre qualitativamente negli standard. Si tratta di lasciare la propria azienda per tre settimane cercando in ogni caso di continuare a lavorare come se niente fosse. Quindi, di notte.
Si tratta di avere una notevole responsabilità che ti viene affidata quasi alla cieca, perché una cosa simile non è mai stata provata prima: raccontare un Giro d’Italia diverso, per chi non è appassionato al Giro e per chi il Giro forse non lo vedrebbe mai. Si tratta, per dirla con linguaggio di marketing, di aggredire un segmento che altrimenti non sarebbe raggiungibile, e si tratta di fare tutto questo sui social network, quindi senza uno storico o un riferimento. Si tratta di inventare e di essere pionieri.
I risultati ottenuti al momento non li posso pubblicare perché incompleti, ma sono stati tra il positivissimo e lo strabiliante. Sarà mia cura portarvi tutti i dettagli del caso, quelli che potrò divulgare ovviamene, a suo tempo, per trarne una case history misurabile e concreta, ma fino a quel momento voglio raccontare le mie brevi riflessioni scaturite durante il pellegrinaggio digitale, sistemate per punti. E’ un po’ lungo, lo so, ma provate voi a fare qualcosa di più breve su qualcosa che dura 20 giorni.
Alberghi
Cambiare un albergo al giorno per oltre 3 settimane è stressante quasi quanto parlare di Borghezio per tre settimane consecutive. Devastante, per il corpo e per la mente. Ti mancano di continuo i punti di riferimento, ti senti un pochino scivolare via l’identità.
Di bello c’è che ne vedi un sacco e ti fai un’idea di che cosa possano essere i canoni di qualità oggettiva.
Senza scendere nel dettaglio una cosa mi ha del tutto sconcertato: in molti hotel, tra i più belli frequentati (roba da manicomio, veramente) il design prende il sopravvento sull’usabilità e perde del tutto il suo scopo.
Design non è qualcosa di “solo” bello, ma qualcosa di bello ed estremamente usabile. Nel libro “La caffettiera del masochista” di Donald Norman si dice proprio questo, ovvero che se le cose vengono fatte belle ma fini a se stesse e alla sola bellezza, generano frustrazione.
In metà di questi hotel non sono riuscito a capire, fino a quando non mi sono ustionato, da quale parte fosse l’acqua calda nel miscelatore. Quando c’era un miscelatore.
Non solo… in alcuni ho impiegato 2 minuti per capire come aprire o chiudere il tappo del lavandino!
Ora, io non penso di avere il QI di Enrico Fermi, ma nemmeno di essere un coglione fatto e finito. Se non capisco come devo fare la doccia qualcosa non va nelle cose, non in me.
Il design fine a se stesso non serve a nulla, se non a fare incazzare le persone e a peggiorare il karma dell’universo. Il design è il bello unito all’usabilità.
In questo Steve Jobs ci ha insegnato tantissimo.
Cellulare e navigatori
Ma come facevano a fare il Giro, cioè quelli al seguito, prima dei cellulari e dei navigatori satellitari? A volte mi chiedo davvero come facessimo a vivere prima, senza questa tecnologia straordinaria che ti semplifica la vita. Eppure si viveva, anche 20 anni fa. Se non avessi 40 anni non ci crederei, che si vivesse anche prima.
Le notifiche dei cellulari Samsung
Il suono delle notifiche SMS o Whatsapp dei cellulari Samsung, quel fischiettio di 5 note che si sente quando a qualcuno arriva un messaggio, è del tutto irripetibile fischiettando.
Tutti i ragazzi via con me avevano un Samsung e quindi tutto il giorno si era subissati da queste notifiche, quindi a forza di sentirlo, qualcuno lo ha fischiettato più di una volta. Niente da fare… viene sempre stonato.
Per me è una combinazione segreta tipo la ricetta della Coca Cola.
La moda vintage
Tutti impazziscono per il vintage. Tutti. TUTTI.
Senti le persone che dicono “mi piaceva quel bagno vintage nell’albergo” oppure “amo i capi vintage” oppure “che bella quella macchina vintage” oppure “che belli i corridori vestiti vintage”.
Bello, tutto bellissimo, ma un bagno con le piastrelle anni ’70 non è necessariamente vintage, è possibile che sia banalmente vecchio e può anche fare schifo, essere brutto.
Non è che il vecchio è bello per forza, anche se mi piace l’idea di una parola che sdogani le cose vecchie: a volte una cosa può essere vecchia e basta. E anche brutta. Non è una cosa che deve incasinare… il vintage va bene, ma NON tutto è vintage.
Copertura 3G
Al contrario di quello che si potrebbe pensare, o meglio al contrario di quello che io potevo pensare e a quello che mi avevano detto, la copertura 3G è buona più o meno in tutta Italia.
Certo, in mezzo alle montagne non potete pretendere di mandare le mail a vostro nonno, ma pensavo andasse peggio. Anche in luoghi in cui non credevo ci fosse copertura, devo dire che sono rimasto colpito del contrario.
Ovvio che le compagnie lo fanno per prendere sempre nuovi clienti e ovvio che il digital divide rimane un problema ENORME in Italia, ma la situazione è migliore della situazione peggiore che mi aspettavo, sempre che si possa swicciare da un operatore all’altro. Ah, anche il fatto che TIM prenda meglio degli altri, a mio modo di vedere, ha un che di leggendario.
Unghie
Le unghie, in viaggio, crescono molto più velocemente del solito. Ma un sacco di più. Sarà una questione metabolica o non so cosa, ma è un fatto indiscutibile.
La routine è sottovalutata
La routine, la tanto bistrattata routine che a volte scambiamo per noia, è per me una enorme risorsa.
Il tran tran di tutti i giorni è quella cosa che, a volte, ci rende più riflessivi e che ci fa sviluppare idee nuove e brillanti, grazie al fatto di poterle maturare dentro. La routine è la culla dentro la quale sentirci sicuri e stabili e dalla quale fare nascere qualcosa.
Ovvio che se viviamo solo la routine allora cambia di stato e diventa noia, ed è ovvio che rimanendo sempre stanziali e confrontandosi sempre con le stesse persone, si perde una parte importantissima della vita che fa crescere e forma, ma non considererei necessariamente il termine con una accezione negativa.
La vita dinamica e in movimento fanno crescere ma la routine sedimenta e migliora l’accrescimento personale scremando tra quelle cose che ci servono e quelle che ci hanno solo esaltato nel momento in cui le abbiamo viste e vissute.
Per crescere, la routine è fondamentale.
La “nuova fame”: corrente per i device
Lasciando da parte la demagogia sulla fame nel mondo, cosa della quale non mi voglio occupare in questo post, la vera fame che ho visto oggi in Italia, a tutte le latitudini e in tutti i “gradi sociali” è certamente quella di corrente elettrica.
Tutti siamo ormai talmente abituati a interfacciarci con il nostro device che non ci azzardiamo più a starne senza, mai, ma per fare questo lo dobbiamo alimentare.
Ho detto più volte che la nuova rivoluzione tecnologica non sta in processori più veloci, in maggior RAM o in memorie da 32 giga invece che 16, ma sta nella durata delle batterie.
Le genti impazziscono se non trovano la corrente: non sono riuscito a vedere nemmeno un luogo con le prese libere. Telefoni attaccati nei ristoranti, tablet negli alberghi e nelle stazioni dove possibile. Ciabatte nelle camere da letto per poter caricare tutto o tutto insieme il più velocemente possibile, carica batteria portatili talmente grossi e potenti da pesare il triplo di un telefono e capaci di ricaricarli 3 volte.
Ma allora? Dove stiamo andando? Se devo avere un gingillo in mano che fa un sacco di cose ma che non mi permette di farle per più di un’ora, lo posso chiamare ancora dispositivo mobile?
A mio avviso tutti i device di ultima generazione di oggi non sono dispositivi mobili ma semi-mobili: senza la corrente non vai da nessuna parte.
Le parole “bazza” e “majall”
Ho scoperto cosa è possibile esportare da Ferrara: le parole bazza e majall. La prima va bene per tutto, può essere ogni cosa, è il termine più poliedrico al mondo.
Va bene tipo per dire “ma cosa ne pensi di quella bazza di cui ti ho parlato?” oppure “ma hai visto che bella bazza?!” o ancora “ti devo parlare di una bazza appena hai tempo”. Il bello è che la connotazione non è sempre positiva, quindi può essere usato anche come “oh, è successa una bruttissima bazza”.
L’esclamazione majall invece va sempre bene, sempre. “majall che bello” o “majall che brutto” o semplicemente “majall” per definire ansia, stress, allegrezza estrema.
Il dialetto ferrarese è semplice come le sue genti ;)