Sono un paio d’anni che lo dico, ma non perchè sono un santone, no no, solo perchè è evidente e sotto gli occhi di tutti: il nostro sistema economico sta fallendo e il sistema economico comunista è fallito. Il capitalismo fallirà e il comunismo è fallito. Adesso cosa facciamo, visto che abbiamo esaurito i sistemi economici che sono in pratica solo due?
Sono anni, da quando la crisi è iniziata e l’ex premier diceva di no, che i nostri politici sostengono che dobbiamo tornare a crescere ma è palesemente una stronzata: non credete ai TG quando vi dicono che la via d’uscita è la crescita, non credete ai TG che dicono che la via d’uscita è l’aumento del PIL. Il PIL è il numero che misura una ricchezza effimera, non redistribuita. I terremoti alzano il PIL, gli incidenti d’auto alzano il PIL.
Dobbiamo trovare, semplicemente, un nuovo sistema economico che non sia quello capitalistico: le banche e la finanza tossica ci hanno portato nel baratro. Non sull’orlo ma dentro a piedi pari. Paesi come la Gran Bretagna, dove fanno i fenomeni, hanno il 10% del loro schifoso PIL basato su finanza tossica. Il 30/40% delle liquidità della potente Germania è in titoli tossici investiti in tutto il mondo. Gli USA, che adesso ci fanno le prediche, sono stati quelli che hanno esportato i subprime, i derivati, le leve finanziarie e la crisi dei mutui. Sono quelli che con quel folle di Regan, coadiuvato dalla Thacher che oggi in tanti osannano, hanno acceso la miccia che oggi ha fatto esplodere la bomba. Una miccia lunga, che all’inizio sembrava portare alla panacea economica ma che con gli anni si è dimostrata la catastrofe. Il liberismo economico, il mercato senza regole sono stati un cancro che ha portato ad una globalizzazione brutale.
E adesso, che fare?
“Latouche ha cominciato a parlare di globalizzazione quando la parola non era nemmeno nei dizionari, ma da poco era stato pubblicato il rapporto dell’associazione non governativa Club di Roma sui limiti dello sviluppo e la fine del petrolio.
Ha riletto i liberali classici e il padre del comunismo e ne ha concluso che né il capitalismo concorrenziale teorizzato dai primi, né l’economicismo statalista di Marx sarebbero stati capaci di dar vita a una società in equilibrio con l’ecosistema.
Entrambi, anzi, avrebbero portato al collasso. Così ha messo in discussione il concetto di sviluppo come progresso, teorizzando la necessità di un dopo-sviluppo, della decrescita: l’uscita dal dominio dell’economia e una rifondazione culturale, fondata sulla limitazione dei bisogni.”
L’interessantissima intervista a Lettera43 mette in luce molti punti che sarebbe molto interessante valutare, primo tra tutti la necessità di una decrescita, l’impossibilità (ovvia) della favola della crescita continua per tutti e la necessità oggettiva di cambiare sistema, di cambiare tutti noi, in fretta. Abbiamo vissuto dagli anni ’50 ad oggi sopra le nostre possibilità, guidati da una politica menefreghista e una finanza dissennata per non dire diabolica. E’ ora di cambiare.
L’intervista che vi consiglio di leggere inizia in questo modo: “Sappiamo già che l’attuale sistema crollerà tra il 2030 e il 2070», spiega a Lettera43.it, «il vero esercizio di fantascienza è prevedere che cosa succederà tra cinque anni”.
DOMANDA. Lei ha un’idea?
RISPOSTA. L’Europa nata nel Dopoguerra farà la fine del Sacro romano impero di Carlo Magno che cercò di restaurare un regno crollato, durò per 50 anni e fu travolto dai barbari.
D. Che cosa c’entra l’impero romano?
Crollò alla fine del V secolo, ma non morì: continuò a sopravvivere per centinaia di anni con Carlo Magno, l’impero d’Oriente e poi quello germanico. Un declino proseguito nel tempo, con disastri in successione. Come succederà a noi.
Leggetela e riflettete. L’unica strada per la salvezza, forse, è la decrescita e la decrescita, forse, inizia con il fallimento della nostra abnorme economia finanziaria che ha generato un debito di 2mila miliardi di euro, un debito al 125% del nostro fottutissimo ed inutile PIL. Crescere sempre e tutti non è possibile. Visto che noi di crescere come la Cina non siamo in grado, ovvio, dobbiamo trovare altre strade, ed ammettendo di poter crescere, tutti quanti insieme e allo stesso passo, il pianeta non ci sosterrebbe.
Non ci sono cazzi: o si decresce o si muore.
Sarebbe un discorso lunghissimo, ma io ho già detto che è meglio fallire e ricominciare. Soffocati come siamo adesso non possiamo continuare, non si può essere ostaggi del potere finanziario. Cominciamo tutti col ridimensionare i nostri bisogni (che poi sono bisogni indotti e non reali) e poi vediamo. Ma scusate: non è strano che il terziario sia la maggior voce del bilancio degli Stati? Non dovrebbero essere agricoltura, artigianato, industria? Perchè invece sono i servizi? Comunque devo raccogliere le idee per esprimere in poche righe dei concetti complicatissimi…
Vi ricordo solo che fino a metà del secolo scorso il terziario praticamente non esisteva e la gente viveva benissimo anche se molto sotto le esigenze odierne.
La risposta é che i servizi sono tanti e servono ad una società di vecchi, dove nessuno vuole morire e i vecchi comandano. La morte non è più considerata un passaggio ma la fine e pertanto il cambio culturale approda nella realtà: tutto subito e quello che ho guadagnato non lo mollo. Se fallissimo addio pensioni, ospedali, ospizi e servizi sociali e i più deboli, appunto vecchi e malati, morirebbero nello sdegno totale? Ci stiamo imbarbarendo per essere noi i nuovi barbaro? Forse @ Cicapui:
Dato che a qualcuno non piace l’idea di fallire, vorrei sapere come faremo a ripagare un debito del 140% del PIL se la spesa sociale continua ad aumentare….
Pensiamoci un attimo: a cosa serve questa teoria? E’ presto detto: a ristrutturare il vecchio mostro, il capitalismo, a rimetterlo in moto! A lungo termine ci ritroveremmo con gli stessi problemi ambientali ed “economici”. O no? Non ci dormo la notte, ma sul serio!
Sono più o meno le idee portate avanti da Movimento Zero. Con la differenza che loro non credono nella transizione morbida, io almeno la auspico.
@ luigi mastandrea:
io ci ho pensato un sacco e le poche certezze che sono:
– non possiamo crescere tutti
– il pil è un metro di merda
– la finanza ci ha ucciso
– il capitalismo, come oggi lo vediamo, è morto
Da questi spunti prendo riflessioni anche dalla decrescita, ma non so se esistono altri sistemi. Mi piacerebbe parlarne e capirlo. Per questo ne scrivo.
@Antonio: io non intendevo i servizi sociali come gli ospedali e i ricoveri, intendevo i servizi finanziari come le banche e le assicurazioni. Sono quelli che si prendono il grosso della fetta, specialmente le banche. Cosa ce ne facciamo di dieci sportelli bancari nello stesso quartiere? Eppure è quello che succede oggi. Perchè dobbiamo avere tutti carta di credito e bancomat su cui si pagano commissioni? Perchè, ripeto, le banche sono diventate il centro di tutto? Credo che il problema sia questo, principalmente.
Rudy talmente bello il tuo post che devo riprenderlo sul mio blog io ti LOVVO ma crescente
Ragazzi, credo che ci sia tantissima confusione in campo. Confusione dettata dalla situazione disperata in cui siamo, e che ci spinge a trovare soluzioni semplici per problemi complessi. Ma la soluzione non è il fallimento dello stato. Mi esprimo meglio in alcuni punti:
1. L’incremento annuo del PIL effettivamente non dice tutto e non va rincorso in maniera assoluta. Qualche anno di crescita zero o negativa ci può stare. Ma attenzione: dopo tanti anni che si decresce, si diventa realmente più poveri. Qualcuno è contento se vede il suo stipendio dimezzato in 10 anni? No, vero? E allora perché dovrebbe essere una buona cosa per la collettività?
2. I problemi attuali nascono da quando si è passati da un’economia di produzione (“organizzo risorse per produrre”) a un’economia finanziaria (“muovo risorse per guadagnare soldi di carta”). Giusto rifiutare la seconda. Va bene se fallisce, e se al suo posto cresce una nuova generazione di impresa più etica, un’impresa che opera per soddisfare i bisogni dei cittadini e non per arricchire una strettissima oligarchia. Ma questa è una dimensione del capitalismo privato. Tutt’altra cosa è far fallire lo stato: è proprio un’altra cosa! Lo stato che fallisce è uno stato che non paga più i debiti. Vi piace chi non vi torna i soldi che vi deve? Vi piacciono i fornitori che non vi pagano le fatture? Loro producono e incassano, poi sfuttano il vostro lavoro, e alla fine vi ridono in faccia dicendo: “non ho soldi per pagarti”. Perché dovrebbe essere una buona cosa se lo fa uno stato? No, lo stato italiano sta crashando sotto il peso di spese pazze, incompententi e/o clientelari della PA. La finanza creativa non c’entra nulla. E allora, questo debito va ripagato, non è etico scappare con la cassa. Ci piaccia o no, ci venga pesantissimo o meno. L’hanno generato le generazioni precedenti? Sempre il nostro stato è. Chi non è d’accordo si accomodi all’estero.
3. I pensatori alla Latouche vivono di sparate, di formulette di facile presa. Il loro scopo non è illuminare il mondo, ma solo il proprio conto in banca con apparizioni pubbliche, libri, convegni remunerati. Credo di più agli economisti classici. I loro modelli oggi forse non sono più sostenibili, ma possono essere rivisti e attualizzati. Il catastrofismo certo non è un modello economico applicabile. Anche perché da lì al baratto, alla rapina al coltello, al tutti contro tutti il percorso è breve.
4. La strada del risanamento è difficile, tortuosa e stretta. Non dobbiamo “fallire e ricominciare”, anche perché gli altri non ce lo lasceranno fare. Sì, si può fallire, ma poi i nostri creditori diventeranno i nuovi padroni- Mica si può sperare che diciamo ridendo “Non paghiamo i debiti!” e nessuno ci faccia niente, eh? Dobbiamo invece rifondare la nostra società sull’etica, sul rispetto degli altri e di noi stessi, del nostro tempo libero, delle nostre famiglie, delle nostre emozioni. Dobbiamo rifiutare per esempio di restare in ufficio fino alle 9 di sera solo perché il capo carrierista ce lo chiede. Dobbiamo rifiutare di comprare la nuova telecamera/smartphone/TV3D che tanto ci costa e che tra tre anni guarderemo delusi e schifati perché obsoleta. Dobbiamo rifiutare i trasferimenti per lavoro dovunque sia pur di avere un aumento di qualifica. Queste e mille altre piccolissime cose. Questo è il vero downshifting, la lieve decrescita personale che costa un po’ in termini di soldi ma dona tanto in termini di tempo libero e qualità della vita. Ma tra questo ed auspicare il declino di uno stato, con licenziamenti di massa e disperazione diffusa come in Grecia, c’è un oceano in mezzo.
Cordialità a tutti.
Il comunismo è morto, il capitalismo anche, purtroppo sono aumentati i capitalisti.
Condivido con Cicapui, non possiamo fare pil con il terziario, e dobbiamo portare a casa i soldi dei paradisi fiscali e ripartire il tutto piu’ equamente.
Dobbiamo ridimensionarci, fare ricerca, ma sopratutto CAMBIARE CLASSE POLITICA, FISICAMENTE E MENTALMENTE.
L’unico che non deve cambiare è il nostro Rudy
Lov a tutti
@ Giulio Curiel:
che vivano di sparate sono del tutto d’accordo, ma penso anche che non ci sia più spazio per l’economia come oggi la viviamo. Io non sono felice se falliamo e non penso che sarebbe una bella cosa, ma un conto è essere felice che una cosa accada, un conto è che la cosa sia necessaria. Come quando fa mele un dente: nessuno è felice di levarlo ma è necessario.
Ovvio Giulio che tutto il discorso è terribilmente complesso ma sono fermamente convinto che il capitalismo sia morto del tutto e che si debba trovare una terza via. Come direbbero i francesi, non ci sono cazzi ;)
@ Rudy Bandiera: Ecco: siamo sicuri che la decrescita è la terza via??? Assomiglia tanto ad un capitalismo rozzo, bisognoso di cure e attenzioni, un pò come quello dei paesi europei prima della seconda guerra omicida mondiale. Più valori, meno lampioni, più candele prima che finisca il mondo!
Non a caso il nostro scrive: «La cosa importante è che il potere, quale che sia, porti avanti una politica che corrisponde al bene comune, alla volontà popolare, anche se si tratta di una dittatura o di un dispotismo illuminato» (Intervista a Lettera43.it)
E che dire della proposta di tassare il marketing per farlo scomparire? Tu lo sai che con il marketing si fanno anche cose giuste, è semplicemente un mezzo per convincere, se non addirittura per dialogare e interagire.
E non dimentichiamo che il solo soggetto politico in grado di applicare il decrescismo è lo stato nazionale: ci andiamo a mettere tutti nelle mani di uno stato sempre più “etico”, nel senso che impone valori non limitandosi a governarne la coesistenza.
Il nostro scienziato sociale può pure citare Gandhi e sostenere la necessità di una riconversione taoista e buddhista dell’Occidente, ma le sue rivendicazioni economiche sono di una violenza sistemica inaudita!
Io non lo vedo tanto #lov, come non vedo #lov in tutti quei personaggi che diventano famosi quando le cose vanno male. E poi, non è meglio parlare in termini di “evoluzione” lasciando crescita e decrescita agli anziani?
luigi mastandrea ha scritto:
Ma no! Così come sono sicuro che quelle che funzionino non siano il capitalismo e il comunismo. Dobbiamo iniziare a pensarci seriametne ecco
Ciao Rudy, le tue considerazioni, le tue certezze (anche se per indole non sono così determinato ma in questo caso sono certezze anche mie) le condivido. Personalmente ho iniziato un percorso di Transizione che ha molti punti in comune con la Decrescita (termine un po’… triste? che non racconta tutto quello che c’è di intrigante e bello).
Quello che fino ad ora ho fatto mio lo posso riassumere in questo: non è facile con il nostro sguardo educato da anni di crescita e benessere immaginare qualcosa di diverso, ma possiamo ringraziare per tutti questi anni bellissimi, che era come stare in giostra 24 ore su 24, ed evolverci verso qualcosa che dia ancora più soddisfazione, questa volta a tutti.
Ci sono molti modi di lavorare per questo, il mio attraverso la Transizione è uno di quelli che conosco meglio, la Decrescita è un’altro ancora, ognuno sceglie il proprio percorso quando ha fatto sue le considerazioni che hai fatto tu.
Un assaggio della Transizione qui:
http://ferraraintransizione.wordpress.com/2010/05/25/rob-hopkins-su-ted-talk/
(per i non angloabili: cliccate su “20 languages [off]” accanto al triangolino del play, appare subito dopo aver cliccato, trovate l’italiano)
Sono disponibile a vederci e parlarne se ti intriga.
Pierre
P.S. saluti dalla Linda
Concordo su tutta la linea. E’ un argomento che riempie le mie giornate, ma oltre alla difficoltà di come cominciare su larga scala, c’è il problema dell’ottusità della classe dirigente che per svariati motivi (incapacità, interessi, volontà di mantenere il potere) non ne vuole sapere di ammettere il fallimento del nostro sistema economico-finanziario.Noi, nel nostro piccolo, cosa possiamo fare per evitare la catastrofe ed evitare di pagare il prezzo più alto?