Sapete con precisione di cosa si tratta quando si parla di “bolla speculativa”? “Si definisce bolla speculativa una particolare fase di un qualsiasi mercato caratterizzata da un aumento considerevole e ingiustificato dei prezzi di uno o più beni, dovuto ad una crescita della domanda repentina e limitata nel tempo”.
Di fatto si tratta di un bene o un servizio che viene valutato molto di più di quello che potrebbe essere il suo valore di mercato “reale”.
Ci sono state molte bolle nella storia dell’umanità: la più famosa ed eclatante fu la bolla dei tulipani, poi la più recente ovvero la crisi economica dovuta alla bolla speculativa immobiliare USA dalla quale nel 2008 è nata la crisi dentro la quale siamo a piedi pari.
La bolla che più “ci appartiene” da un punto di vista Web, è quella detta delle dotcom, quella cioè che tra la fine degli anni ’90 e i primi 2000 distrusse il mercato della new economy che fino a un attimo prima sembrava la panacea economica assoluta.
Bene, siccome le bolle sono cicliche, si ripresentano sempre, hanno sempre le stesse caratteristiche e si manifestano in forme diverse ma con tratti similari, temo che si stia avvicinando lo scoppio della bolla dei social media.
Spiego il perché, prima che qualcuno mi accusi subito di qualunquismo: il mondo dei social, da Twitter a Facebook passando per Google Plus e tutti gli altri, si sta evolvendo ad una velocità strabiliante. La tecnologia che li sostiene è sempre più evoluta e da un certo punto di vista si “autoalimenta” portando tutti coloro che usano i social per mestiere a dover essere sempre più specializzati. Almeno per poterli usare in ogni loro parte e caratteristica.
Allo stesso tempo le persone “comuni” non immaginano nemmeno il lavoro e il mondo complessissimo che sta dietro all’universo del social media marketing, così come le aziende, con il risultato che chi sta da una parte si deve iper-specializzare ed ha un costo “di esercizio” notevole, anche solo per il know how che esprime, e dall’altra parte abbiamo le aziende che non percepiscono le capacità necessarie e l’impegno richiesto. Non percepiscono il lavoro.
Come se non bastasse le grandi aziende come Google o Facebook o Twitter, alimentano i loro stessi social di tool sempre nuovi, sempre più evoluti, sempre più complessi rendendone l’uso sempre più “professionale”. E per chi lo fanno? Non lo fanno certo per le aziende, che non sanno nemmeno cosa siano le statistiche di Twitter o gli Insight di Facebook: no no, lo fanno per noi, per quelli che lavorano nei social di mestiere, lo fanno per far si che tutti noi si possa lavorare “di più e meglio”.
Per le aziende che governano il mondo dei social media, produrre nuove features è importante come per un blogger produrre nuovi post: si tiene alta l’attenzione, si genera traffico, si fa parlare, si genera stupore.
Peccato che il target di Facebook e Google siamo sempre e solo noi. Ce la raccontiamo tra di noi.
All’utente medio di Facebook, alla casalinga di Voghera, non frega nulla delle statistiche, non sa che esiste un edgerank che gestisce la homepage di Facebook, non ha idea che i social signal siano in qualche modo interpretati dagli spider di Google, non sa che un like ha un valore di ranking inferiore ad uno share. Non sa nulla: vuole solo condividere i gattini e vedere cosa hanno fatto i vicini nel fine settimana.
E ha ragione, dico io: da tutti i suoi dati personali permettendo che le aziende possano fare adv in target, e si deve anche preoccupare di come caxxo funzionino i social? No, ha ragione la signora Maria.
Quindi ecco che chiudiamo il cerchio:
-Le “lobby” dei social implementano sempre nuove e complesse features sui social stessi, con target di riferimento i social media manager di tutto il pianeta i quali, per forza, devono essere sempre più preparati e stare sul pezzo.
-I suddetti hanno un costo sempre maggiore, se non altro per riuscire a “stare dietro a tutto” e per riuscire a fare percepire alle aziende il lavoro, sia attraverso la reportistica, sia attraverso i risultati.
-Le aziende fanno fatica a capire cosa “ci stia dietro”. Non capiscono che dietro a migliaia di fan su una pagina o su un account ci possono essere mesi di duro lavoro così come l’acquisto degli stessi con sistemi dozzinali e poco chiari, quando non scorretti. Quello che vogliono sono i numeri, anche se non sempre i numeri sono sinonimo di risultato.
-Le aziende pagano quindi sempre di più perché spesso non sanno bene cosa vogliono e cosa possono ottenere e quindi investono in un mondo che a loro appare oscuro e complesso e a volte anche improvvisato.
-La casalinga di Voghera nel mentre non ha voglia di essere disturbata con dell’ADV, anzi non sa manco cosa sia l’ADV e quando vede qualcosa che sembra una pubblicità, la evita come la peste. Con la conseguenza che Facebook e compagnia devono essere sempre più furbi ed invasivi per piazzare la propria pubblicità tra le righe delle persone.
Il punto è uno ed uno soltanto: si è perso di vista il fatto che al centro di tutto ci sta la persona, con le sue voglie, le sue paturnie e le sue necessità.
Si è perso di vista, impazzendo tra statistiche ed algoritmi, che le persone sono sui social solo ed esclusivamente per un motivo: cazzeggiare.
I social sono una enorme opportunità, possono essere una vetrina interattiva nella quale le aziende parlano con i propri clienti, così come possono essere un non-luogo dove conoscersi, unirsi e perché no, vendere.
Possono essere davvero la piazza di domani ma ci vuole un modello che sia su misura per tutti, altrimenti il rischio di bolla è davvero grosso. I social sono acerbi, sono nuovi, e stiamo rischiando di bruciarne le opportunità per la troppa fretta.
Dobbiamo smettere, parlo di tutti quelli che fanno social media, di disumanizzarci e di pensare che gli altri siano settori demografici: dobbiamo divertirci e fare divertire.
Dobbiamo smettere di raccontarcela tra di noi e siamo tenuti a creare un mercato consapevole, andando a parlare alle aziende, ai CNA e alle camere di commercio.
Dobbiamo fare capire che esistono delle opportunità che vanno bel al di la di quello che tutti noi abbiamo pensato fino ad oggi nel mondo del commercio, ma queste opportunità sono umane, divertenti, brillanti e fatte di carne.
Se siamo qualcuno che lavora in ambito SMM, o siamo un’azienda, dobbiamo essere consapevoli che dovremo essere noi ad andare verso l’utente e che all’utente non frega nulla di venire verso di noi.
Il nostro motto dovrà essere: se l’utente non va all’azienda l’azienda va all’utente.
Questo dovrà essere il nostro motto, e sarà il nostro mantra appena avremo finito di raccontarci tra di noi quanto siamo bravi, belli e quante belle cose sappiamo fare.
Il tuo articolo non fa una piega. Il problema secondo me risiede sempre nel rapporto consulente-cliente. Alla fine – come si è detto molto in giro – qualsiasi sia il medium o la campagna di marketing, quello che conta è il risultato finale.
Costo Azione / Valore Conversione
Poi possiamo parlare di cosa prendere come “oggetto” di conversione, come valutarlo e come valutare il processo d’investimento nel tempo.
Ma alla siura Maria (imprenditrice) alla fine probabilmente interesserà sapere: quanto investo, quanto mi torna, in quanto tempo.
Merlinox ha scritto:
assolutamente sacrosanto. Solo un dettaglio: la sciura Maria non è colei che investe ma è il settore demografico verso il quale mandare l’investimento. Lei è quella “che clicca”
@ Rudy Bandiera: un problema di polimorfismo nel nome, si chiameranno entrambe Maria. Speriamo entrambe dalla terza in su, ovvero #magnifiche ;)
@ Merlinox:
quoto fratello :)
Rudy Bandiera ha scritto:
Quoto entrambi! :-)
Ho trovato molto interessante l’analisi sulle bolle.
Credo che l’approccio delle aziende riguardo ai social network e al Web in generale, dovrebbe cambiare. Spesso di vedono azioni troppo aggressive e invasive, mentre forse sarebbe meglio fermarsi un attimo e pensare a come DARE qualcosa di utile ai propri utenti. Creando contenuti di valore (come articoli sul blog, video ecc) e presentandoli in modo “umano”, di sicuro si potranno creare relazioni durature e vantaggiose tra aziende e utenti.
Certo, la fuffa non aiuta ad andare verso questa direzione, quindi sta a noi che lavoriamo nel campo social a fare chiarezza e a spiegare bene alle signore Maria quello che facciamo :)
Concordo ed approvo quanto scritto da Rudy. Vengo da 30 anni di vendita ed è noto che piu’ visiti il cliente e piu’ scrivi… credo si possa rivoltare il concetto “terra terra” sui social.
Grazie
Luca Bagnoli
Nella bolla ci sguazziamo da parecchio, my darling!
@ mykoize:
uff :(
Applausi.
Nella “bolla di cristallo” finalmente qualcuno ha il coraggio di vedere una cosa fondamentale: che buona parte della crescita dell’elemento social è stata fatta da professionisti per “supposti professionisti”, e presto l'”utilizzatore finale” si stancherà di adeguarsi a modelli sempre più complessi, e pretenderà un nuovo modo per condividere gattini.
Il primo a darglielo, per usare un gergale dei tempi del web, “vincerà tutto”.
E partirà la nuova “bolla”…
Chissà perché questo tuo post mi ricorda, nello spirito della sua tesi, i posts in cui si parla della morte della SEO.
Occhio! Con questo non voglio dire che tu non abbia ragione. Esiste, infatti, un certo ecosistema del mondo professionale Social che sta vivendo la classica crisi che avviene quando una disciplina sta diventando matura, cosa che noi SEO abbiamo vissuto e stiamo vivendo da alcuni a mi a questa parte.
Sai qual’è il problema? Che noi “Marketers” abbiamo la tendenza a parlarci addosso, a considerare le cose che ci permettono raggiungere degli obiettivi come se fossero gli obiettivi stessi.
Il problema è quasi sempre tutto nostro, rinchiudendoci nella nostra Guru-Torre d’avorio e spesso perdendo il contatto reale con le persone che fanno le imprese e le persone che fanno il “pubblico”.
Anche per questo che sempre più vedo gente del mio giro SEO abbandonare, per esempio, il tour classico delle conferenze del settore, per andare a confrontarsi direttamente nei congressi delle aziende loro clienti, non per vendere la moto ma per farsi capire e trovare una lingua comune.
Ed è forse anche per questo che tutto ciò che aiuta a capire davvero la natura portata al cazzeggio della signora di Voghera è importante. Ma è importante non per poi onanisticamente vantarsene, ma per far si che i gattini che lei condivide siano i miei gattini.
Kudos per il post
Gianluca Fiorelli ha scritto:
E’ esattamente quello che ho scritto e che dico ormai da tempo: ce la raccontiamo tra di noi, siamo in un certo senso autocelebrativi, facciamo fatica ad uscire dalla cerchia nerd che ci appartiene. E le aziende sono li, ad aspettare e a guardasi in giro, senza capire nulla di quelle che sono le opportunità reali.
Grazie per il commento e scusa per la tarda risposta ma ieri sera ero a fare 4 ore di lezione sui social alla camera di commercio di Vicenza…. come vedi non dico solo, ma faccio ;)
ecco Rudy questa è la bolla: le aziende pagano campagne e progetti ..”senza capire le opportunità reali”.. cioè senza capire il valore; in realtà spesso seguono la moda, anzi scommettono proprio.. ad un certo punto, tra non molto (18-24 mesi?), accadrà che un numero sempre maggiore di aziende valuterà i risultati ottenuti, e i risultati non sono il divertimento dei fan o dei follower, cioè valuterà se l’investimento ha aumentato le vendite e/o margini.
Se accadrà che da queste valutazioni un grande numero di investitori capirà che i soldi dati al SMM non hanno portato risultati, chiuderanno il rubinetto e la bolla scoppierà lasciando sul campo il gruppo autoreferenziale di esperti che produrranno le infografiche dello scoppio e si chiederanno cosa non ha funzionato per anni..
Se invece i risultati ci saranno il SMM vedrà riconosciuto il suo giusto valore e gli sforzi fatti dagli esperti per aggiornarsi. Il SMM prolifererà fino al prossimo salto tecnologico..
Giudizio personale: che io sappia, ma so poco, siamo più vicini all’ipotesi 1 che alla 2.
lorenzo
sul tema bolla ci ho scritto un libro intero un anno fa :)
http://www.fugadafacebook.com
@ mcc:
ah sei avanti un anno luce ;)
Ho letto con interesse, molto interesse, ho condiviso molto poi a fine lettura mi sono detto..ma #smm “ma che vordi’”? ok ci ho pensato e credo di aver tradotto con social media marketing..ma allora chi scrive sta scrivendo a se stesso..insomma puo’ anche darsi che la vera bolla sia nei professionisti del SMM e non nel sistema, voglio dire ..e’ possbile che i SM stiano sofisticando i tools, si possibile ma magari l’obiettivo e’ semplificare i tools e spuntare un po’ la saccente idea che solo dei professionisti del SMM possano consigliare o consulenziare al riguardo. Ok io sono il signor Mario marito della signora Maria che naviga distrattamente sui smm e si fa i ca.. degli altri cosi come leggerebbe del calcio mercato della sua squadra ma non quella del cuore; pero’ sto’ signor Mario e’ anche un piccolo imprenditore e il smm lo usa gia’ in modo casareccio per il suo marketing..il perche’ e’ ovvio sembra gratis e comunque a buon mercato..e paga per quello che deve paga’. Concludendo non sara’ che gli uomini e le donne di marketing stanno perdendo terreno (potere) in favore di una coscienza del marketing piu’ social? Non sara’ che certe consulenze stellari oramai “ingannano” solo certi che vogliono sembrare sprovveduti?
Mario Rossi marito di Maria Rossi – Voghera
@ TalloneDaKiller:
il tuo è un bellissimo commento, che non porta da nessuna parte ma sicuramente un bellissimo commento. Caro Mario Rossi, se pensi che si possano usare i social con facilità ne hai tutti i diritti, anche se è evidente che sappiamo entrambi che non è così. Detto questo, il problema delle parcelle gonfiate esiste da sempre, in ogni settore ed esisterà sempre. Il punto è: se io spendo 10 e rientro 11 allora ho investito per guadagnare 1.
Se come SMM fai questo e il cliente lo sa/capisce/legge , la tua parcella non è mai troppo alta. Anzi, il problema della parcella non si pone proprio.
Aggiungo, e termino, che anche il “problema della supponenza” esiste da sempre ed in ogni settore: pensi davvero che un notaio prenda i soldi equiparati al lavoro pratico che svolge? No, a volte li prende per quello che sa, che ha studiato, e a volte li prende solo per il fatto di essere un notaio. Insomma, il problema esiste, ovvio, ma è qualunquismo associare questo post a questo problema.
Oh, per me eh :)
@ Rudy Bandiera:perdona Ruby non intendevo offendere nessuno in particolare e non credo che l’uso dei social sia difficile o facile e’ che credo che i marketing men/women a volte, anzi spesso, finiscono per essere autoreferenziali e lasciano credere, a loro unico vantaggio, che il Social Marketing sia una scienza per eletti..sta’ bolla mi ricorda tanto gli anni ’80 della Milano da bere della pubblicita’…la pubblicita’ non e’ morta ma molti anzi che dico moltissimissimi pubblicitari hanno finito per aprire chiringhiti nei posti piu’ assurdi pur di sbarcare il lunario. Ecco credo che la bolla forse fara’ pulizia non dei social (che sarebbe la giornata media di un uomo/donna qualsiasi senza un saltino in Fb) ma dei guru, guretti e guracci che si aggirano tra i budget delle aziende. Insomma morte al marketing manager lunga vita al marketing
TalloneDakiller ha scritto:
no no giuro, non mi sono offeso (a parte per il fatto che mi hai chiamato Ruby ma mi chiamo Rudy ;) ). Penso solo che quello che dici sia del tutto svincolato dal senso del post. Non trovo nulla di male nell’esistenza del marketing manager così come di qualunque altra figura. I guru e guretti ok, ci sono sempre stati e per qualche strano motivo ci saranno sempre, ma non c’entra nulla con quanto detto. Ma ripeto, sei liberissimo di dire tutto quello che vuoi!
La bolla è generata da un sistema che si autoalimenta fino a quando, da fuori, non ci si accorge che il sistema stesso è sovradimensionato. Ma il sistema, appunto, è composto da moltissime variabili.
Una piccola osservazione a ruota libera: l’esistenza di un “mondo parallelo” di professionisti che se la cantano e se la suonano è, credo, quasi una condicio sine qua non per qualsiasi settore professionale, a maggior ragione di un settore che non ha ancora, storicamente parlando, una lunga tradizione. Questo lo dico perchè non sono dell’ambito, solo una simpatizzante – e mi scuso quindi per eventuali e probabili castronerie – ma mi sembra una costante di tutte le professioni specializzate il fatto che ci sia una grossa parte di lavoro preclusa ai non addetti. Questo non lo vedrei affatto come un problema, anzi. Ed è normale che in una fase di assestamento questa sia preponderante, necessaria direi per costruirne le fondamenta davvero solide. Insomma, dal quel poco che so mi sembra troppo presto sia per gridare al miracolo che alla disfatta, contando anche il tempo necessario perchè le aziende si aggiornino, che non saranno tempi biblici… ma umani sì.
Mi trovo in mezzo a questa bolla da almeno cinque anni. Ho visto in Italia e fuori cose belle fatte sui Social e grandi – od epici, per esser trendy – fail. Mi resta però sempre la sensazione che un valore comune in ambito Social sia la fuffa. Una sensazione ancor prima che una constatazione da addetto al settore, sia chiaro. Questo probabilmente perché le agenzie magnificano oltre alle potenzialità del mezzo, risultati che poi non sono in grado di garantire o di registrare analiticamente. Quanti report veramente belli abbiamo visto in giro su campagne Social (a parte i nostri ;-)?
E’ materia nuova, hai ragione. Come tale è terra di conquista per le agenzie e sabbie mobili per le aziende. In fondo, molte aziende non percepiscono affatto la complessità delle piattaforme! Come tutte le bolle, è probabile che scoppierà, ripulendo il mercato da chi ne ha approfittato fino ad oggi; richiedendo maggiore serietà e competenza; dando all’analisi e reporting il giusto peso; educando le aziende. Su quest’ultimo punto, hai correttamente insistito anche tu.
Grazie per aver espresso pensieri comuni.
Direi che ci siamo… Ho da poco assistito ad un evento in cui si favoleggiava sulle potenzialità commerciali dei social network. E la domanda che ho fatto al relatore è stata: “ma tutte queste persone che sono in questa sala (circa 200 ndr) come credi che siano state invitate? Tramite una stretta di mano e uno sguardo negli occhi che ispirava fiducia…” Quindi credo che è tutto bello quello che i social ci stanno offrendo, ma credo soprattutto ancora nel rapporto umano, sano, caldo, vero.
E sono d’accordissimo con il tuo mantra:”condivide et impera”. Come scriveva uno al quale pochi danno retta in questo momento : “l’intero è più grande della somma delle parti” (S. Covey).
Io ne ho fatto una filosofia di vita e sta portando i suoi frutti!