Avete mai sentito qualcuno dire “eh si, l’ho letto su Facebook” come se Facebook fosse una fonte autorevole e credibile di notizie?
Le persone scambiano Facebook per una fonte autorevole
ed è agghiacciante.
In realtà, se ci pensate bene, è come dire “eh si, l’ho sentito al bar” solo che quando si era più giovini e si diceva l’ho sentito al bar, ti prendevano per un cretino e ti sfottevano. Esiste persino il modo di dire “chiacchiera da bar” che sta proprio ad indicare una chiacchiera fine a se stessa, senza fondamento, senza fonti e spesso senza fine. Una chiacchiera da bar, appunto.
Ecco, il nostro mondo distorto fa credere a molte persone che le cose lette su Facebook siano VERE, sempre, non chiacchiere da bar.
Vi spiego il perché.
Avete mail letto il libro “Il filtro” di Eli Parisier? Non parla, al contrario di quanto qualcuno possa credere, di come produrre filtri per sigarette ma tratta di “filtri software” ovvero di agenti che si occupano, al posto nostro, di scegliere quello che noi stessi dobbiamo vedere. Si legge, in un interessante passaggio del libro:
La maggior parte di noi crede che i motori di ricerca siano neutrali. Ma presumibilmente lo pensiamo perché sono sempre più impostati per assecondare le nostre idee. Lo schermo del nostro computer è uno specchio che riflette i nostri interessi perché gli analisti degli algoritmi osservano tutto quello che clicchiamo
Lo schermo del nostro computer è uno specchio che riflette i nostri interessi perché gli analisti degli algoritmi osservano tutto quello che clicchiamo, capite? Questo vale anche per i social, ed è una cosa che amo chiamare “bolla dell’ego“. Vi spiego il senso, prima che pensiate che sono scemo.
Se tu che stai leggendo in questo momento cerchi qualcosa su Google il risultato che ottieni sarà diverso dal mio risultato sulla stessa ricerca e sarà generato dalla posizione in cui sei, da quello che fai di solito, dai siti che leggi normalmente, dai tuoi gusti, dalle tue abitudini, dalle persone e dai posti che frequenti.
Google sostiene con forza e da tempo che i risultati di ricerca sono e saranno sempre di più personalizzati
in base a un insieme di fattori che ci rende unici.
Bello, vero?
Ah si, a dire il vero è bello.
Adesso capiamo come funziona Facebook, per entrare nel dettaglio della bolla dell’ego.
Facebook, grazie a un algoritmo di visibilità, ci mostra quello che i nostri amici fanno, dicono, scrivono o filmano nella timeline, in quel luogo in cui scorrono le azioni che gli altri compiono.
Quindi, in pratica, se ho 5000 amici non vedo TUTTO quello che pubblicano ma ne vedo solo una parte: ok, chi decide questa parte? Facebook, con il suo algoritmo di visibilità, appunto.
Questo significa che
l’algoritmo, in base ai miei comportamenti e gusti precedenti, sceglie e decide le cose che son potenzialmente affini ai miei gusti.
Facciamo un esempio: se io sono un nazista e pubblico solo foto di campi di sterminio e svastiche, cosa succederà? Che le persone “normali” non vorranno più avere nulla a che fare con me e quindi solo gli individui a me affini interagiranno con me attraverso like e commenti entusiasti.
Ecco, per Facebook queste persone sono simili a me e i loro contenuti ai miei quindi, come ovvia conseguenza, mostrerà sempre di più i miei contenuti a loro e i loro a me.
Risultato? Dopo poco tempo vedrò SOLO nazisti in timeline e penserò che al mondo ci siano SOLO nazisti.
Eccola, eccola questa dannatissima bolla dell’ego:
consumare informazioni conformi alla nostra idea del mondo è facile e piacevole mentre consumare informazioni che ci stimolano a pensare in modo diverso o a mettere in discussione quello che diamo per scontato è frustrante e difficile.
Allora, cosa dobbiamo fare? La parola d’ordine è sempre e solo una ed è consapevolezza. Dobbiamo essere consapevoli che esistono agenti software o algoritmi, che ragionano e scelgono per noi.
Dobbiamo essere consapevoli che quello che vediamo non è la realtà ma è semplicemente la nostra realtà.
Dobbiamo essere abbastanza forti da scegliere di leggere cose che non ci piacciono sempre e di confrontarci con persone distanti da noi. Dobbiamo scegliere di non specchiarci per tutta la vita in uno specchio distorto che ci mostra quello che vorremmo mostrasse.